#SustainableTalks: Filippo Bocchi di Gruppo HERA
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#SustainableTalks: Filippo Bocchi di Gruppo HERA

Proseguono i #SustainableTalks, questa volta con un approfondimento sul settore delle utility, con l'intervista Filippo Bocchi, Direttore Valore Condiviso e Sostenibilità e componente del Comitato etico e sostenibilità del Gruppo Hera.

Da quasi due mesi Covid-19 domina le nostre giornate in termini di destabilizzazione e necessità di riprogrammazione oltre alla difficoltà nel prevedere quando si tornerà alla normalità e come. In momenti come questo dove la maggior parte dei messaggi combinano drammaticità e speranza al tempo stesso, come editori e redattori il nostro obiettivo è “buttare il cuore al di la dell’ostacolo” consapevoli che il futuro sarà caratterizzato da una sempre maggiore attenzione alla sostenibilità nella sua accezione più ampia.

Per questo motivo abbiamo integrato nel nostro piano editoriale delle interviste, #SustainableTalks - condotte ad esperti di settore e referenti aziendali - con l'obiettivo di scoprire e comprendere quali siano le esigenze attuali in tema di sostenibilità, come vengano soddisfatte e come vengano rendicontate, certi che un’esperienza condivisa possa favorire una ripartenza efficace ed efficiente.

 Maria Grazia Persico

Da dove nasce la necessità per l’azienda in cui lavora di intraprendere un percorso di sostenibilità economica, ambientale e sociale?

Siamo state una delle prime aziende in Italia a dotarsi, già nel 2005, di una funzione dedicata alla responsabilità sociale, peraltro in staff all'Amministratore Delegato, mentre ora è normale che ce l’abbiano tutte le grandi realtà. La volontà del Gruppo Hera era quella di assicurarne la piena integrazione nella gestione aziendale, con la forte consapevolezza che la responsabilità sociale contribuisce positivamente anche alla competitività dell’azienda, in particolare quando coniuga i benefici per quest’ultima a quelli per gli stakeholder.

Fin dall'inizio, la rendicontazione ai nostri stakeholder è stata assunta come elemento prioritario, insieme a un sistema di balanced scorecard che ha permesso di collegare gli obiettivi di CSR e di sostenibilità ai meccanismi di incentivazione del management fin dal 2006. Dal 2016 c’è stata un’ulteriore evoluzione, sancita anche da un cambio di nome, la Direzione Corporate Social Responsibility è infatti diventata Direzione Valore Condiviso e Sostenibilità, determinata dalla consapevolezza che i mutamenti economici, sociali e ambientali richiedono alle aziende un ripensamento dei nessi fra CSR e strategia aziendale. Se la CSR interessa il “cosa” e il “come” dell’impresa, il valore condiviso ne mette al centro il “perché”, investendo la ragione stessa per cui l’impresa esiste e gli elementi qualificanti che la differenziano da tutte le altre.

Per Hera si crea valore condiviso quando le attività di business che generano margini operativi per l'azienda rispondono anche agli obiettivi dell’Agenda Globale Onu (ne abbiamo selezionati 11 di cui 6 prioritari), ossia a quelle call to action per il cambiamento verso una crescita sostenibile, indicate dalle politiche a livello mondiale, europeo, nazionale e locale. Abbiamo individuato tre ambiti in cui Hera crea valore condiviso: uso intelligente dell’energia, uso efficiente delle risorse, innovazione e contributo allo sviluppo; questi ambiti sono a loro volta suddivisi in nove aree. Da qui la scelta di quantificare nel nostro Bilancio di Sostenibilità la quota di Margine Operativo Lordo derivante dalle attività che rispondono a queste priorità, quello che noi chiamiamo “Mol a valore condiviso”.

L’adozione di questo percorso che effetti ha generato in termini di comunicazione interna ed esterna?

Al centro c’è sempre stata, fin dal 2005, a garanzia della massima trasparenza, la rendicontazione annuale di impegni e risultati nel Bilancio di Sostenibilità, uno strumento fondamentale di comunicazione attorno a cui sono nate campagne, mostre ed eventi di presentazione con ospiti internazionali. Abbiamo lavorato molto sulla sua diffusione, anche attraverso una sintesi che ne consentisse un facile approccio a un pubblico il più ampio possibile. Nel tempo abbiamo reso il documento cartaceo sempre più snello e immediato, agendo sui contenuti e sul layout grafico, e messo a disposizione sul web una versione facilmente navigabile, con approfondimenti, video e grafici interattivi, per sfruttare al meglio le potenzialità e i vantaggi della rete. Dal Bilancio siamo poi arrivati a realizzare la newsletter VedoHera, dedicata specificatamente alla responsabilità sociale, e cinque report tematici su temi quotidiani come l’acqua del rubinetto e la destinazione della raccolta differenziata fino alle attività promosse dall'azienda che prevedono il coinvolgimento di stakeholder e comunità locali.

Sia il Bilancio di Sostenibilità che i singoli report tematici sono sempre distribuiti anche al nostro interno, ai 9.000 dipendenti, contribuendo a costruire senso di appartenenza, orgoglio, e a fare dei lavoratori stessi i primi promotori di passaparola positivi. Il passaggio nel 2016 alla logica di valore condiviso ha coinvolto, naturalmente, anche la struttura del Bilancio, che da una vista per stakeholder ha cambiato completamente prospettiva, mettendo al centro la creazione di valore condiviso (i tre ambiti che ho citato prima sono diventati tre capitoli del Bilancio), dando vita a un profondo processo di rinnovamento del sistema di reporting e, di conseguenza, anche del dialogo con i diversi stakeholder, con modalità sempre più trasparenti, coinvolgenti e consapevoli.

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Come misurate oggi i vostri risultati in termini di sostenibilità? Disponete di un sistema di reportistica interno? Vi affidate a consulenti esterni?

La misurazione dei risultati viene effettuata con numerosi indicatori inclusi nel Bilancio di Sostenibilità (a partire dai 52 obiettivi dichiarati) e coerenti con il piano industriale di Hera, contenuti anche nei report gestionali per il vertice aziendale e che poi confluiscono nelle balanced scorecard (sistema di reportistica interna) collegate al premio di risultato per quadri e dirigenti: oggi il 34% della loro remunerazione variabile è associata a progetti-obiettivo di sostenibilità, con un peso del 20% legato a progetti che contribuiscono alla crescita del “Mol a valore condiviso”. In questo modo gli obiettivi dichiarati all'esterno e resi pubblici nel Bilancio di Sostenibilità sono anche i nostri obiettivi. Il Mol a valore condiviso è diventato per noi e i nostri stakeholder il termometro dei progressi nella direzione della sostenibilità: siamo partiti dal 33% del 2016 e il nostro obiettivo è che diventi il 42% del totale del Mol di Gruppo al 2023. Siamo convinti che le aziende del futuro siano quelle che usano la forza del business per contribuire a rigenerare l’ecosistema e l’ambiente.

Con stretto riferimento al settore merceologico in cui opera l’azienda, la sostenibilità viene identificato come driver di crescita e competitività?

Certamente, nei business che gestiamo non può che essere così. La competizione è ormai non solo su prezzo e qualità ma sui servizi a valore aggiunto che toccano temi come l’economia circolare e l’uso efficiente delle risorse, la decarbonizzazione e il risparmio energetico. Questo è il nuovo ruolo delle utility. La comunità finanziaria, del resto, guarda con crescente attenzione ai risultati delle imprese in ambito ESG e alla gestione dei rischi ambientali e sociali. Secondo una ricerca condotta da EY su 320 investitori istituzionali, più dell’80% degli intervistati ritiene che “le imprese per troppo tempo non hanno considerato i rischi e le opportunità ambientali e sociali all'interno delle loro attività di business”. Converge, sul tema, anche Larry Fink, Presidente e AD di BlackRock, che in una sua recente lettera agli Amministratori Delegati ha ribadito la necessità di integrare concretamente la sostenibilità nelle strategie aziendali, esortando le imprese a dare risposte concrete alle sfide urgenti di carattere sociale e ambientale che il pianeta sta affrontando. Fink, in particolare, aggiunge un motivo di riflessione ulteriore, facendo notare come, in un contesto in cui i Governi e le istituzioni stentano a prepararsi per il futuro, crescano le aspettative delle comunità nei confronti delle imprese: “La società chiede alle imprese pubbliche e private, di avere uno scopo sociale”. Un approccio evoluto sulla CSR (ora più che mai CSV - Corporate Shared Value ) e un reporting adeguato consentono di guidare il cambiamento.

In che misura l’aderire e l’adottare un protocollo di sostenibilità in questo periodo potrà permettere alle imprese di proiettarsi meglio verso la ripresa post Covid-19?

A mio avviso la ripresa dovrà poggiare ancora con maggiore forza sull'Agenda Onu. La crisi economica è l’occasione per spingere su un rilancio che sia duraturo, capitalizzando quanto abbiamo imparato da questa emergenza: un esempio su tutti il ruolo della tecnologia e del digitale, per fare tutto da casa e ridurre gli spostamenti. Occorre spingere ancora su questo e a beneficiarne saranno costi, ambiente e benessere delle persone. Certo ci vuole equilibrio. Un altro tema è l’economia circolare e la filiera corta, che consentono di ridurre i rischi ed essere più resilienti. Resilienza è l’obiettivo chiave, perché occorre resistere a emergenze come questa che stiamo vivendo, sapendo che in futuro pure il cambiamento climatico potrà avere impatti negativi, magari non così rapidi ma non per questo, purtroppo, meno gravi.

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