Il lusso del riuso secondo Vestiaire Collective
Sostenibilità

Il lusso del riuso secondo Vestiaire Collective

Come si evolve l’eco-compatibilità di Vestiaire Collective, la piattaforma e-commerce fondata nel 2009 per la compravendita di capi e accessori usati.

Vestiaire Collective si racconta attraverso i numeri, in un report che dice molto sulle nuove abitudini in fatto di moda e riuso. Già da tempo si assiste a fenomeni che prolunghino il ciclo di vita di un capo o un accessorio, attraverso la pratica del riciclo, ad esempio. Ci sono provvedimenti, come la proposta di legge che la Francia si appresta a votare, che mirano a disincentivare l’acquisto smodato di fast fashion. Altri, poi, incentivano le riparazioni su prodotti che, altrimenti finirebbero a ingrossare le fila dei rifiuti tessili. E il riuso, tra sensibilizzazione dei consumatori e vantaggio economico, si sta ponendo sempre più come concreto orizzonte evolutivo.

Il rebranding dell’abbigliamento usato

La considerazione, a questo punto, è su quanto la comunicazione in materia sia mutata. E quanto la moda mostri ora un volto green, promuovendo atteggiamenti e pratiche eco-compatibili. Certo, si tratta di un fenomeno in fieri e, per questo le valutazioni potrebbero essere non suffragate da dati scientifici. Ma le ipotesi alle quali è bene limitarsi lasciano comunque un ampio spazio di riflessione sul rapporto che intercorre tra nuovo lusso e rispetto dell’ambiente. Il report Vestiaire Collective racconta di un settore in grande crescita, in cui non solo la buona pratica è incentivata, ma è percepita anche nella sua appetibilità. Sociale, social e di stile. Si era già notato come il rebranding fosse partito da una nuova nomenclatura: non più usato, ma pre-owned o, meglio, pre-loved.


Un nuovo prestigio sociale e social

Nel corso del tempo il sito e-commerce aggregatore ha scelto testimonial prestigiosi. Nel 2017, per lanciare la sezione vintage, fu chiamata Chloé Sevigny. Ma ancora più identitario è stato svincolarsi da volti noti; del resto, modelle e attori sono già scelti dai brand di moda per le proprie campagne pubblicitarie. E allora, un sito di abbigliamento pre-loved che vende proprio quei brand cosa può fare per distinguersi? Inventare delle mascotte, come i cinque muppet che incarnano i valori Vestiaire Collective. A questi pupazzi inanimati sono state attribuite caratteristiche che agevolano la comunicazione. E tra stile da sfoggiare, tendenza da rincorrere e pura estetica, svetta la mascotte che ha a cuore l’ambiente. Quella a cui viene attribuito un ruolo preminente, non a caso.


Più qualità, meno quantità

Tra gli effetti benefici dell’affermazione del mercato pre-owned ne emerge uno particolarmente rilevante. Stando a una ricerca BCG del 2020 basata sull’osservazione del fenomeno Vestiaire Collective, infatti, gli acquirenti tendono a fidelizzarsi. Sia per il valore percepito, una sorta di aura che circonda i capi di abbigliamento e gli accessori luxury. Ma anche per la loro effettiva qualità, per l’attenzione ai materiali e alle finiture, che accresce la percezione del valore. In questo caso, infatti, un capo luxury sembra quasi che comunichi, semplicemente esistendo, l’attenzione che si può tributare al consumatore. Nulla a che vedere con i capi di fast fashion, prodotti in serie a ritmi serratissimi. Naturalmente, all’aumentare del valore, reale e percepito, del capo, aumenta anche il suo prezzo. Perciò, per ovviare a spese difficilmente sostenibili, i consumatori che si allineano ai valori pre-owned, comprano meno. Anche perché la qualità dei capi ne garantisce l’utilizzo per un tempo decisamente prolungato.


L’impatto sull’ambiente (se non si producono nuovi abiti)

La stima che fa la stessa azienda, calcolando impatto su risorse, emissioni di CO2 e produzione di rifiuti è di 1:10. Perciò, quantificando l’utilizzo di acqua, lo sfruttamento della terra e tutti gli elementi che concorrono, il costo per un capo nuovo risulta essere di 3.9 €, mentre di pre-loved 0.39 €. Dati significativi, a cui si somma l’impegno dell’azienda sul versante della logistica per ridurre e ottimizzare i trasporti per Vestiaire Collective. Stando al report, c’è una forbice che tende ad aumentare, con il passare degli anni, tra il reale impatto prodotto e quello potenziale. E questo avviene grazie a uno sforzo costante teso, tra le altre cose, alla riduzione del volume di packaging e delle distanze delle spedizioni. Da una parte, l’azienda ha demandato agli utenti il disbrigo delle spedizioni con un sistema one-to-one, una scelta che può sembrare opportunistica. Dall’altra, bisogna riconoscere che ha ridotto il trasporto aereo a favore di quello terrestre. Grazie anche all’apertura di alcuni centri logistici che ha permesso di abbattere drasticamente il volume dei trasporti intercontinentali.


L’attenzione all’ambiente è solo un effetto collaterale?

Che l’orientamento dei consumatori verso Vestiaire Collective fino a decretarne il successo sia stato mosso da sensibilità ambientale è difficile da dire. E, vista la nicchia merceologica trattata, probabilmente potrebbe non essere neppure veritiero. Ciò che rende immediatamente appetibile Vestiaire Collective e siti analoghi è altro: sapienti strategie di marketing, ad esempio, unite a prodotti di valore. Quello che conta, però, è che le buone pratiche di eco-compatibilità si stiano affermando nella quotidianità. Anche grazie a un traino di altra natura, come l’accesso a vestiti e accessori di lusso a un prezzo ridotto.

  

Immagine di copertina: Marcus Loke, Unsplash

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