Dietro le quinte della moda (in)sostenibile
Sostenibilità

Dietro le quinte della moda (in)sostenibile

Tre documentari sulla moda che cambia, tra le realtà votate alla sostenibilità ambientale e la denuncia di luxury e fast fashion.

Come raccontare la moda sostenibile a tutti? Lo si è visto con i libri: pubblicazioni divulgative che hanno l’obiettivo di informare senza divagare. Il panorama della moda sostenibile (e il suo contrario) rischia di essere molto complicato e non facilmente fruibile. Avere la possibilità di conoscere la materia attraverso la mediazione di esperti, invece, può facilitare l’approccio a una materia complessa. Ecco tre documentari che guidano lo spettatore in un sistema vasto e complesso.

La moda “scucita” e le toppe del fast fashion

UNSTITCHED: How the Fashion Industry is Destroying the Planet è realizzato dalla regista Jenny Rygalska per Our Collective Impact, una realtà che si occupa di approfondimento in ambito moda. L’opera, pubblicata alla fine del 2022, affronta le ben note tematiche legate allo sfruttamento incontrollato delle risorse. Il documentario si avvale di interventi di rilievo di accademici e giornalisti, contributi del Victoria and Albert Museum e del London College of Fashion. Un docu-film che affronta il tema in modo accessibile e comprensibile, toccando i punti salienti di un fenomeno difficile da riassumere. Nelle tappe narrative ci sono la strage delle lavoratrici di Rana Plaza e la sovrapproduzione di capi di fast fashion che affligge il pianeta. Un lavoro di ricerca particolarmente accurato, che diventa emblematico per due ragioni. Da una parte, la gratuità e la facilità di accesso all’opera, che può essere vista direttamente su YouTube. Dall’altra, la presenza di esperte tra gli interventi che costellano il documentario. Donne che parlano di sostenibilità e moda, fotografando la situazione in essere e aprendo a scenari futuri. Un elemento non marginale che avvalora, seppur tangenzialmente, quanto osservato sull’eco gender gap.


Il fashion system ha spento i riflettori sugli animali

Slay ha attirato a sé molto interesse anche a livello internazionale per il tema trattato. Il reportage, infatti, racconta i retroscena dell’industria della moda e l’impatto che i luxury brand hanno su allevamenti e crudeltà inferta agli animali. «Gli animali spariscono negli oggetti di moda» si dice in una frase particolarmente centrale del documentario che raccoglie anche le voci di chi lavora nel settore del lusso. Gli animali vengono allevati e poi uccisi unicamente per realizzare capi e accessori, ma la comunicazione sull’argomento è fumosa. I brand evitano volentieri di parlare di un tema controverso che potrebbe causare disaffezione da parte degli acquirenti e innescare un effetto domino. Oltre a considerare l’impatto ambientale che l’utilizzo di animali ha nell’industria della moda, aleggia una sorta di dissociazione nella nostra società. Viene tracciata una linea di demarcazione tra gli animali – quelli domestici – trattati al pari di componenti della famiglia e gli altri, quelli sacrificabili sull’altare della moda. E Slay procede attraverso questi paradossi con un piglio provocatorio e una fotografia curatissima, ricalcando gli stilemi dei documentari patinati.


La circolarità degli “Stracci”

E infine Stracci, opera italiana del 2021 che parte dal distretto tessile diPrato per raccontare molto, sotto forma di viaggio, delle good practices circolari. Il documentario, diretto da Tommaso Santi e scritto con Silvia Gambi, è prodotto da Kove in collaborazione con Solo Moda Sostenibile. Stracci è un percorso che si sofferma sul riuso e su quelle risorse preziose e silenti, troppo spesso viste come rifiuti. Si passa anche attraverso le testimonianze di realtà come The Or Foundation, ente benefico che opera negli Stati Uniti e in Ghana. L’obiettivo è quello di puntare a una moda circolare guardando al guadagno – insieme economico e immateriale – che questo sistema rappresenta. Una narrazione che volge lo sguardo al buon esempio, certo, ma che non manca di denunciare le situazioni marginali di cui la moda è responsabile. Uno sfruttamento incontrollato delle risorse – umane e ambientali – che genera le estreme conseguenze viste ad Accra, in Ghana.

Prodotti accurati, che approfondiscono tematiche apparentemente note, ma forse non abbastanza. Documentari che potrebbero aiutare lo spettatore sia a capire meglio le dinamiche del sistema-moda, che a individuare le proprie responsabilità. Per comprendere davvero le ripercussioni ambientali di un acquisto futile o fatto pensando unicamente alla convenienza economica.

 

Immagine di copertina: Thomas GriggsUnsplash

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