Eco gender gap: perché le donne sono più attente all’ambiente
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Eco gender gap: perché le donne sono più attente all’ambiente

I numeri di un fenomeno sempre più ampio e radicato che interessa la predisposizione agli acquisti e gli atteggiamenti ecocompatibili quotidiani.

Come mai donne e uomini si comportano in modo diverso davanti alle questioni ambientali? È per via dell’eco gender gap. Perché sì, i due sessi affrontano il tema con un diverso coinvolgimento e una altrettanto diversa proattività. Il fenomeno si può osservare già da diverso tempo, intercettato, anche a livello nazionale, dalle rilevazioni statistiche.

I numeri dell’eco gender gap in Italia

Una nota Istat dello scorso maggio racconta la situazione attuale in materia di preoccupazioni ambientali. Cambiamento climatico, risorse naturali e atteggiamenti ecocompatibili sono stati alcuni dei criteri utilizzati per valutare l’interesse della popolazione e il coinvolgimento nelle tematiche. Ma se donne e uomini approcciano il problema con pari preoccupazioni, sono le azioni a rappresentare il discrimine. E sono proprio i cosiddetti atteggiamenti ecocompatibili la cartina al tornasole del diverso livello di coinvolgimento nella tematica. «Le differenze più evidenti – si legge nella nota Istat – si colgono soprattutto sui comportamenti di acquisto». Infatti è il 40,8% delle donne a dichiarare di leggere abitualmente le etichette degli ingredienti «rispetto al 28,7% degli uomini». Così come l’acquisto di prodotti bio interessa il 15,9% delle donne e l’11,4% degli uomini. Molto emblematiche anche le abitudini di consumo in relazione alle utenze domestiche. L’attenzione allo spreco di acqua interessa il 70,2% delle donne contro il 64,9% degli uomini, mentre quello di energia il 72,5% contro il 67,0%.


Perché le donne?

Fino ai decenni scorsi gli elementi discriminanti nella raccolta dei dati statistici erano principalmente demandabili a status economico e sociale. Nel 2018, Mintel mette in relazione la disparità di abitudini e attitudini nel rapportarsi eticamente a tematiche ambientali con il gender. Da qui ne è derivato un piano di osservazione significativo tanto in prospettiva quanto in retrospettiva. Il ruolo preminente oggi giocato dalle donne in questo specifico ambito è principalmente riconducibile a fattori sociali. Il retaggio che le ha viste relegate alle faccende domestiche si traduce, con un balzo di diversi secoli, in una maggiore predisposizione verso acquisti consapevoli e prodotti di matrice sostenibile. Naturalmente, non si può immaginare di trattare con leggerezza un tema estremamente complesso e articolato che, per giunta, presenta anche molti tratti dolorosi. Tuttavia, è anche attraverso l’osservazione dell’eco gender gap che la collocazione della donna nella società può essere parzialmente raccontata.


Fattori sociali ma non solo

Uno degli aspetti dell’ampio fenomeno dell’eco gender gap su cui ci si è soffermati negli ultimi tempi, infatti, è l’intersezione con gli aspetti commerciali. I dati indicano che pulizia, cibo e salute sono tre sfere di cui si occupano le donne. Un’attenzione quotidiana nonché un’esposizione mediatica che le rende più sensibili a comunicazioni e novità green, come packaging e materiali riciclabili. Ma non sono solo gli stigmi sociali a determinare questo effetto collaterale di particolare attenzione all’ambiente. Ci sono anche questioni fisiologiche: l’utilizzo di assorbenti igienici e le alternative come coppette o slip mestruali sono scelte che riguardano inevitabilmente le donne, così come dispositivi per la gravidanza. Stando alle ricerche, in molte, anche in seno al contesto domestico, si chiedono come possano agire meglio in merito alle questioni ambientali. Purtroppo, spesso si trovano davanti le risposte fallaci delle operazioni di greenwashing. In molti altri casi, invece, sono lo spunto per un perfezionamento quotidiano.


Marketing tradizionale e social

Le donne si interessano e agiscono di più per la tutela dell’ambiente, dunque, e questo fa di loro il pubblico target ideale per le aziende. Complici anche le campagne advertising social, grazie alle quali è possibile profilare e intercettare esattamente i potenziali acquirenti desiderati. Sempre più aziende fanno il possibile per arrivare alle donne: detergenti, posate monouso, cover per smartphone. Il risultato è che si inizia a considerare il gender come un elemento portante nella pianificazione strategica. Non semplice indicatore di consumo, ma fattore estremamente determinante per la visibilità e la vendita di un prodotto.


Vendere con l’eco gender gap

Gli ultimi cinque anni sono stati determinanti per gli investimenti pubblicitari di case di moda, cosmetici e prodotti per l’igiene personale. Campagne di comunicazione green per raccontare obiettivi raggiunti dalle aziende o in fieri per alleggerire il carbon footprint, ad esempio. Lancio di prodotti eco-friendly con un basso impatto ambientale, orientamento a un packaging monomateriale e meno voluminoso. Ed è sufficiente uno sguardo attento per notare come le corsie di negozi e supermercati si sono evolute negli ultimi tempi in virtù di queste scelte di marketing. Che tutto questo possa portare a una progressiva deresponsabilizzazione degli uomini o a contro-campagne di comunicazione che gravano ulteriormente sulle donne è, effettivamente, un rischio.


La parità di genere entro il 2030

Così come, di contro, la possibilità che questa visione, tanto del mercato quanto della suddivisione dei ruoli, possa tendere a modificarsi con l’imporsi di nuovi modelli di società. L’eco gender gap può essere destinato ad assottigliarsi con il passare degli anni? Gli SDG, o Obiettivi di sviluppo sostenibile mettono a sistema la strategia globale ONU del 2015. Lo scopo è quello di attuare delle buone pratiche per soddisfare i bisogni del presente senza comprometterne il soddisfacimento in futuro. I punti strategici aprono a una visione globale che mira a una gestione più equa delle risorse, sia ambientali che umane. Il quinto punto è un focus sulle disparità di genere, che si annidano tanto nelle macro-tematiche, quanto in fenomeni apparentemente marginali come l’eco gender gap. Quindi, non sarebbe assurdo assistere, entro il 2030, allo spostamento dell’asse dell’eco-compatibilità che potrebbe giocarsi sul fronte dell’età. E il pubblico più reattivo alle informazioni sull’ambiente potrebbe diventare, ad esempio, quello dei giovanissimi.


Immagine di copertina: Drew Dizzy Graham, Unsplash

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