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Per
le Interviste del Direttore di oggi abbiamo intervistato Daniela Mattei e Eleonora Brancaleone dell’Istituto Superiore di Sanità.
L’ISS ha istituito un team che ha come focus
specifico l’analisi della contaminazione delle acque. Ad oggi, quali sono i
risultati emersi?
Daniela Mattei: È importante considerare che la sicurezza delle
acque destinate al consumo umano non riguarda solo l’assenza di sostanze e
microrganismi nocivi. Ma anche la presenza di minerali naturali ed elementi
essenziali, poiché l'acqua svolge funzioni vitali per gli esseri umani e altri
organismi viventi. I dati più recenti sulla qualità delle nostre acque di rubinetto
indicano tassi di conformità ai parametri sanitari di legge superiori al 99,5%.
Di recente, sono state introdotte norme europee – trasposte a livello nazionale
– che hanno potenziato i criteri di sicurezza. Queste includono l’introduzione
di nuovi standard per sostanze come piombo, PFAS (Sostanze Perfluoro Alchiliche),
microcistine, uranio, cromo, legionella e sottoprodotti di disinfezione
emergenti. Inoltre, è stato adottato un approccio basato sulla valutazione dei
rischi per l’intero processo di trattamento, dalla fonte al rubinetto. Fino ad
ora, sono state identificate alcune criticità nella distribuzione domestica
fino al rubinetto, per le quali sono state introdotte nuove norme di sicurezza.
Il suo lavoro di ricerca si concentra sulla
presenza di microplastiche nell’acqua potabile. Quale trend si può evidenziare
durante il periodo di osservazione?
Eleonora Brancaleone: Questo lavoro di ricerca è stato avviato alla
luce delle disposizioni della Direttiva europea 2184/2020, recentemente
adottata in Italia con il D.Lgs. 18 del 23 febbraio 2023. La Direttiva si
focalizza anche sul concetto di acqua salubre e pulita e pone l’attenzione su
alcuni contaminanti emergenti. Si
tratta di sostanze non regolamentate che sollevano preoccupazioni nell’opinione
pubblica e nella comunità scientifica per i loro potenziali effetti sull’ambiente
e sulla salute umana. Tra queste ci sono le microplastiche. Per comprendere
l’esposizione potenziale a tali sostanze attraverso l‘acqua, abbiamo analizzato
una serie di campioni prelevati in diversi punti della filiera di
approvvigionamento idro-potabile. I campioni sono stati raccolti in periodi
dell'anno diversi, per valutare se la stagionalità influisse sui livelli di
contaminazione. Dai campioni analizzati finora, abbiamo osservato che il numero
di particelle di plastica identificate è correlato al tipo di matrice e
tipologia di captazione. Ad esempio, le acque superficiali tendono ad avere un
contenuto di microplastiche relativamente più elevato, poiché direttamente
esposte a contaminazioni ambientali. Al contrario, le acque di falda, grazie
all’azione filtrante del terreno, risultano essere meno contaminate o addirittura
prive di contaminazione. Inoltre, bisogna considerare altri fattori che possono
influenzare la presenza di tali inquinanti.
Basti pensare che, prima di essere distribuita nella rete idrica,
l'acqua viene opportunamente trattata per rimuovere eventuali inquinanti tra
cui anche le microplastiche. Tuttavia, i sistemi utilizzati per la
distribuzione idrica, che includono materiali plastici, potrebbero rilasciare
particelle e rappresentare un'altra possibile via di (ri)contaminazione.
La soglia critica di ingestione di microplastiche
da parte dell’uomo è di 150 micron, superata la quale iniziano a manifestarsi
le conseguenze per la salute. Quali sono disturbi e malattie più comuni e quali
gli organi e gli apparati maggiormente interessati?
D.M.: Attualmente non si conoscono ancora completamente
gli effetti dell'esposizione a microplastiche, soprattutto per la salute umana.
Non sono stati stabiliti valori limite come per altri inquinanti, ad esempio i
metalli. Ad oggi, sono stati condotti studi e ipotizzati i meccanismi di
interazione con questi materiali e i possibili effetti sulla salute. E gli
effetti che potrebbero causare dipendono dalle loro forme, dimensioni e
proprietà chimico-fisiche. Le particelle più grandi potrebbero essere ingerite
ed espulse attraverso il tratto gastrointestinale, come testimonia uno studio
condotto nel 2021 che riporta la presenza di elementi plastici nelle feci umane.
Al contrario, si ipotizza che le particelle più piccole possano essere
assorbite dalle cellule specializzate e raggiungere gli organi bersaglio
attraverso il sistema circolatorio e linfatico, ma i loro effetti non sono
ancora noti. Inoltre, non bisogna trascurare gli effetti potenziali dell’inalazione,
soprattutto nel caso di fibre, o dell’esposizione cutanea. È stato ipotizzato
che questi contaminanti possano essere assorbiti attraverso la pelle (anche le
particelle di grandi dimensioni), se sono presenti lesioni nell’epitelio.
Infine, è possibile che le microplastiche agiscano come veicolo per altri
contaminanti di natura chimica e biologica, potendo causare un effetto
combinato quando si è esposti contemporaneamente a più inquinanti. Tuttavia,
gli studi condotti sia in vivo che in vitro sull’esposizione alle
microplastiche hanno prodotto risultati scientificamente controversi, pertanto
è fondamentale condurre ulteriori ricerche in tale ambito.
Con il ricordo della pandemia da Covid-19 ancora
così nitido, viene da chiedersi anche quali effetti possano avere queste
sostanze sul sistema immunitario.
E.B.: Anche in questo caso, non sono ancora noti i
potenziali effetti delle microplastiche sul sistema immunitario umano. I
potenziali effetti sulla risposta immunitaria sono stati valutati attraverso
test condotti su diverse specie marine, come molluschi e crostacei. Ad esempio,
in uno studio su Mytilus esposti a concentrazioni elevate di polietilene
con dimensioni tra 1 e 50 μm, si è osservata una produzione di proteine legate
allo stress che influenzava sia il sistema immunitario, con un conseguente
aumento del dispendio energetico da parte dei bivalvi, sia l’attività
metabolica, determinando un aumento dei biomarcatori della risposta
antiossidante (Prata 2021). D’altra parte, uno studio simile condotto
sull'ostrica del Pacifico Crassostrea gigas a seguito dell'esposizione a
particelle di polietilene e polipropilene inferiori a 400 μm, non ha
evidenziato alcun effetto negativo (Revel 2020). Pertanto, anche da questo
punto di vista, si osservano risultati scientificamente contrastanti, rendendo
necessari ulteriori studi.
Inoltre, in uno scenario caratterizzato dalla
presenza ubiquitaria delle microplastiche, quali possono essere le
ripercussioni collaterali sulla catena alimentare?
E.B.: Le microplastiche costituiscono contaminanti
ubiquitari che vengono rilevati in diverse matrici, non solo ambientali, ma
anche biologiche o alimentari. La loro ingestione da parte dell’uomo può
verificarsi non solo attraverso l’acqua potabile, ma anche tramite prodotti
alimentari comuni come mitili, ostriche e gamberi, utilizzati nell’industria
della pesca e dell’acquacoltura. Sono state riscontrate tracce di
microplastiche anche in altre matrici come miele, sale marino, zucchero, latte
e birra. Tuttavia, il ruolo che i prodotti della pesca e dell'acquacoltura
svolgono nel processo di biomagnificazione
e nella diffusione di tali contaminanti lungo la rete trofica è di particolare
importanza poiché coinvolge organismi sempre più complessi, fino ad arrivare
all'uomo. Questo processo è causato dalla presenza di rifiuti di plastica in
mare, con effetti negativi comprovati sulla salute di varie specie marine, a
partire dagli organismi zooplanctonici e dagli invertebrati fino ad arrivare ai
mammiferi marini e ai pesci, poi assunti attraverso la dieta.
__________________________
Daniela Mattei, ricercatrice presso il reparto di Qualità dell’Acqua e Salute del Dipartimento Ambiente e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità. Esperta nella valutazione dei piani di Sicurezza dell’Acqua (PSA) e co-responsabile del Programma Nazionale di Formazione per team leader di PSA su mandato del Ministero della Salute e in cooperazione con OMS. Svolge attività di ricerca e istituzionale su microplastiche nelle acque destinate al consumo umano, co-coordinatore del Gruppo Nazionale di Lavoro sulle Microplastiche ed esperto designato JRC per l’Italia. Esperto nell’ambito delle Linee guida Nazionali per l’implementazione dei PSA e membro del gruppo Nazionale istituito presso il Ministero della Salute. Responsabile di Accordi di collaborazione con gestori idrici, istituzioni sanitarie e ambientali, università, per l’implementazione di Piani di Sicurezza dell’Acqua e per lo studio di contaminanti emergenti.
Eleonora
Brancaleone, dottoranda presso il Reparto Qualità
dell’Acqua e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità, sotto la supervisione
della Dott.ssa Daniela Mattei, ricercatrice presso il Reparto, e il Dott. Luca
Lucentini, Direttore di reparto, segue un progetto per lo sviluppo ed
ottimizzazione di metodi di identificazione e caratterizzazione di
microplastiche sia in acque destinate al consumo umano che acqua di mare.
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