Biodiversità: la strada per una nuova politica ambientale passa dalla Cina
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Biodiversità: la strada per una nuova politica ambientale passa dalla Cina

La Cina si pone al centro del dibattito internazionale sulla conservazione della biodiversità ospitando la COP15 sulla biodiversità nel 2020. Al tempo stesso, proprio da Kunming, capoluogo dove si terrà il summit mondiale, si progetta il nuovo asse verso Yangon: una strategia che punta ad aprire una nuova frontiera commerciale con il Myanmar.

Il Myanmar è un Paese di grande ricchezza e fragilità, eco sistemica e culturale. Un binomio che non lascia tranquilli ricercatori ed esperti: la politica dovrebbe concentrarsi non tanto su isolate azioni volte alla conservazione della biodiversità, quanto piuttosto sulle cause che provocano il degrado ambientale che il mondo si trova ad affrontare, quali cambio nell'uso del suolo, deforestazione, inquinamento, agricoltura intensiva, introduzione di specie invasive.

Quando si parla di biodiversità  la sensazione comune è quella di dover trovare le risorse per proteggere e valorizzare l’ultimo panda rimasto in vita. Ma la lotta all'arresto di biodiversità non riguarda solo la tutela di specie carismatiche: dalla diversità ancora esistente sul Pianeta Terra dipende il cibo che ogni cittadino consuma quotidianamente, così come l’equilibrio climatico grazie al quale l’intera popolazione mondiale può sopravvivere.

Nonostante questo le politiche internazionali stentano a prendere una posizione concreta in termini di conservazione e mantenimento. Per questo gli esperti guardano alla COP15 del 2020 con estrema apprensione: le convenzioni firmate e convalidate negli ultimi anni non hanno avuto gli effetti desiderati. Per affrontare il problema in termini di impatto ed efficacia andrebbero considerati prima di tutto i drivers che portano alla perdita di biodiversità, come il cambiamento nell'uso del suolo, l’agricoltura intensiva, la conversione di habitat, l’inquinamento, i cambiamenti climatici. Proprio la Cina, che si prepara ad ospitare la COP15 nel 2020, emerge come una delle protagoniste nel finanziamento di grandi opere in territori interni ed esterni al paese, con grosse implicazioni rispetto alla tutela di ecosistemi e comunità.

La storia pare non aver insegnato molto. Nel 1962 Rachel Carson pubblicava “Primavera Silenziosa” un libro che presto sarebbe diventato la nuova bibbia per cittadini sensibili al tema dell’inquinamento e della scomparsa di biodiversità. In quegli anni, soprattutto in America, iniziava la lotta contro l’uso indiscriminato di insetticidi chimici, DDT, glifosato, una serie di aggressioni all'ambiente che provocavano - e tuttora provocano, la scomparsa di insetti e impollinatori così preziosi per il mantenimento in salute di campi ed ecosistemi naturali. Da qui il titolo originale del lavoro della Carson “Silent spring”, voluto dall'autrice proprio per indicare quel senso di desolazione nell'osservare le campagne della Pennsylvania svuotarsi progressivamente.

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60 anni dopo il mondo si trova ad affrontare la sesta estinzione di massa: in un’epoca in cui tecnica e innovazione potrebbero indicare le strategie da applicare per uno sviluppo economico in grado di tenere in considerazione la tutela e valorizzazione delle risorse naturali, ci si trova a fare i conti con una perdita di specie animali e vegetali senza precedenti.

Se infatti l’estinzione è un fattore connaturato all'evoluzione, la velocità con la quale si assiste alla scomparsa di specie su tutto il territorio mondiale è da ricondursi a precise cause antropiche. Per affrontare in maniera puntuale le problematiche collegate a questo disastro ecologico e sociale, amministratori e ricercatori di tutto il mondo si riuniscono ogni anno per definire strategie concrete da condividere e poter implementare a livello mondiale.

La prossima Conferenza delle Parti sulla biodiversità si terrà a Kunming, nella provincia sud occidentale dello Yunnan, Cina, proprio nel cuore di una potenza impegnata nel programmare e finanziare grandi opere dentro e fuori il proprio territorio di competenza. Per intenderci, proprio da Kunming dovrebbe nascere l’asse Yunnan – Yangon, un progetto voluto per aprire una nuova frontiera commerciale con il Myanmar, territorio ricco di biodiversità ed estremamente fragile dal punto di vista ecosistemico e culturale.

Non stupisce quindi una certa dose di apprensione rispetto a quanto ci si potrà aspettare da questo nuovo appuntamento: il mondo rischia di perdere oltre un milione di specie; tra i 200 e i 300 milioni di persone sono esposte a inondazioni e uragani a causa di un disequilibrio climatico ed ecologico. “La Conferenza delle Nazioni Unite, tenutasi lo scorso novembre, è stata l’occasione per verificare i progressi verso il raggiungimento dei 20 Obiettivi di Aichi sulla biodiversità adottati a Nagoya, nel 2010 – spiega Antonio Nicoletti, responsabile aree protette Legambiente - Una verifica, questa, da cui è emerso che nonostante le molte iniziative per la conservazione della natura, ancora gli sforzi sono insufficienti. Per questo è fondamentale innescare un cambiamento urgente e definire politiche a breve e lungo termine per affrontare il cambiamento climatico, l’inquinamento, l’invasione di specie aliene e tutti gli altri fattori che stanno portando ad un perdita senza precedenti di biodiversità”.

La COP15 verrà dedicata al tema "Civiltà ecologica - Costruire un futuro comune per tutta la vita sulla Terra" e dovrà porre le basi per un nuovo sguardo alla tutela della biodiversità fino al 2030 - 2050. E mentre Li Ganjie, responsabile del ministero dell'Ecologia e dell'Ambiente, afferma che la Cina si impegnerà affinché il summit internazionale si riveli un completo successo, sarà interessante comprendere come il paese riuscirà a conciliare la guida di questo impegno internazionale con i grandi lavori di espansione commerciale, non ultimi gli appalti per grandi infrastrutture in Africa, ottenuti anche grazie ad un investimento di oltre 60 miliardi di dollari promesso dal Presidente Xi Jinping nel 2018 in chiusura al Forum di cooperazione Africa - Cina.

Come suggeriscono esperti e ricercatori, “next step, take action”. Perché come ricorda Yasmine Fouad, Ministro egiziano dell’ambiente, intervenuta al termine della COP14 a Sharm el-Sheikh “We need to work with people and groups of people from all sectors and all backgrounds and invite them to make their own commitments. We must engage everyone in this Action Agenda, because after all, everyone is a stakeholder when it comes to biodiversity”. Quando si parla di natura e diritti umani, ogni singolo cittadino diventa portatore di interesse e ha il diritto di monitorare sull'operato di politici e aziende.

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