Iceberg A68: cause e scenari futuri di un gigante alla deriva
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Iceberg A68: cause e scenari futuri di un gigante alla deriva

Nei giorni scorsi un enorme iceberg si è staccato dalla piattaforma Larsen C: si tratta di un nuovo campanello d'allarme per la salute dei ghiacci antartici, “termoregolatori” del Pianeta.

5.800 km quadrati di superficie per uno spessore di 200 metri e un peso di 1000 miliardi di tonnellate: queste le misure dell'iceberg A68 -uno dei più grandi mai registrati- distaccatosi definitivamente fra il 10 e il 12 luglio dalla piattaforma di ghiaccio Larsen C, lungo la costa orientale della penisola antartica.

A dare la notizia sono stati i ricercatori dell'università inglese di Swansea, che monitoravano il fenomeno dal 2014. Durante i mesi più soleggiati tra la fine del 2016 e l'inizio del 2017, gli scienziati hanno osservato da vicino la frattura che si era via via sviluppata. Il distacco era atteso da tempo, ma la rottura definitiva dei 13 chilometri residui è avvenuta in soli 30 giorni.

“Il distacco di questo iceberg è un segnale significativo di un processo avviato anni fa. E continua a fare della piattaforma Larsen un vero e proprio sorvegliato speciale".

Massimo Frezzotti, glaciologo dell'Enea e presidente del Comitato glaciologico italiano

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D'ora in poi, infatti, “la Larsen” sarà sottoposta a un monitoraggio ancora più oculato in quanto si teme che, andando alla deriva, possa giungere fino al Canale di Drake, vicino a Capo Horn. Ma questo non è che il rischio più palese: per gli esperti, il gigante A68 rappresenta un nuovo campanello d'allarme per lo stato di salute dei ghiacci antartici.

Le preoccupazioni degli scienziati sono rivolte, infatti, a come il fenomeno possa impattare sul resto della piattaforma: ora che il pezzo di ghiaccio è scomparso, la superficie della piattaforma Larsen C è diminuita del 10 per cento e ciò che ne rimane sarà meno stabile, tanto che eventuali ulteriori distacchi nei prossimi mesi e anni potrebbero causarne, nella peggiore delle ipotesi, persino il collasso.

Ma cosa è accaduto? Cosa ha causato un evento di tale portata? La mente corre inevitabilmente al surriscaldamento globale e ai drammatici effetti cui ci ha tristemente abituato: aumento delle temperature, innalzamento dei mari, messa a rischio delle risorse, scompensi ambientali con relativi esodi di massa.

“Non sappiamo attualmente che cosa sia cambiato nel 2014” ha dichiarato Dan McGrath, glaciologo della Colorado State University che studia la piattaforma fin dal 2008. “La Penisola Antartica è stata uno dei luoghi della Terra in cui il riscaldamento è stato più veloce per tutta la seconda metà del XX secolo. Questo riscaldamento ha determinato profondi cambiamenti ambientali, tra cui il crollo di Larsen A e B” ha aggiunto. “La frattura di Larsen C potrebbe non avere una connessione diretta con i cambiamenti climatici. Tuttavia, ci sono sicuramente meccanismi che potrebbero essere collegati al cambiamento climatico, soprattutto le acque più calde dell'oceano che si trovano alla base della piattaforma”.

Se non è zuppa, è pan bagnato: che la relazione fra la frattura e il surriscaldamento globale sia diretta o frutto di una reazione a catena, è opportuno augurarsi che le politiche salvaclima in programma a livello mondiale siano efficaci e tempestive. Per un motivo in più, pesante 1000 miliardi di tonnellate.

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