Visible mending, il rammendo è creativo (e sostenibile)
Sostenibilità

Visible mending, il rammendo è creativo (e sostenibile)

Una tecnica innovativa ma con radici lontane: è il visible mending, l’alternativa per rendere unici i capi in serie e allungare il loro ciclo di vita.

Il visible mending è la risposta, creativa ed efficace, al dilemma che molto spesso ci si pone davanti ai capi di fast fashion. «Si è rotto, ha senso ripararlo?»: queste “riparazioni visibili” dicono che sì, ha sicuramente senso provare ad allungare il ciclo di vita dei capi di abbigliamento. Anche (anzi, forse bisognerebbe dire soprattutto) quando jeans, camicie e maglioni non sono di buona fattura e provengono dai brand di fast fashion.

Riflettori sui difetti

Dunque, non nascondere gli errori e i difetti, ma renderli macroscopici, abbellire le imperfezioni per farne un tratto distintivo. Le semplici toppe o i rammendi vengono rimpiazzati da ricami geometrici, motivi floreali e astratti. Ed ecco comparire su tessutibruciati, logori o strappati dei decori, piccoli, aggraziati e pop. Gradevoli a vedersi, quando non vezzosi, sottolineano l’importanza della cura. Riparare un capo significa, con le dovute proporzioni, anche “medicare” il pianeta assumendosi la responsabilità di non aumentare il carico di rifiuti tessili.


Le origini del visible mending

Durante il lockdown pandemico, sono state numerose le persone che si sono appassionate a lavori manuali, perfezionando le skill del “fare”. Tra queste, ricamo e cucito, che hanno visto un periodo di grande popolarità. Contrariamente al rigore del ricamo “classico”, la new wave del knitting si è accompagnata a una buona dose di ironia. E allora, perché utilizzare le abilità nel cucito e nel ricamo per nascondere e non, piuttosto, per rendere visibile in modo spregiudicato, quasi parossistico? Il principio, a ben vedere, è lo stesso del kintsugi, che impreziosisce con l’oro quelli che sarebbero solo cocci irrimediabilmente destinati alla spazzatura. E, in effetti, un legame con il Giappone c’è. Un tradizionale punto del cucito è, infatti, il sashiko, che permette di riparare creando pattern geometrici molto gradevoli a vedersi.


Il visible mending sui social

Sui social spopolano queste creazioni imperfette e si moltiplicano corsi che spiegano le tecniche del visible mending. Su TikTok, ad esempio, questi contenuti sono categorizzati come hack, piccoli tutorial per rivoluzionare gli oggetti di uso comune, da centinaia di migliaia di views. Una fascinazione diffusa e trasversale, che si sposta offline. E infatti la tecnica, diventata così popolare da non essere più solo relegata alla sfera online, è protagonista anche di incontri e seminari. La locuzione, inoltre, è diventata rapidamente popolare nei Paesi anglofoni. Come dimostra un cortometraggio pubblicato dal New York Times che si intitola proprio Visible mending e racconta, in metafora, gli effetti benefici e curativi del cucito.


Oltre i confini dell’abbigliamento

Questa pratica sta rapidamente ampliando i propri orizzonti con grande successo, espandendosi dal settore dell’abbigliamento a quello dell’arredamento. La tappezzeria di poltrone e divani, ad esempio, è interessata da questo fenomeno che mette al centro il valore. Economico, affettivo o stilistico che sia: tutto concorre a disincentivare l’attitudine usa & getta e a preservare la durata degli oggetti e degli indumenti.

Sulla valenza simbolica di questo gesto si potrebbe aggiungere ancora molto, in effetti. Il visible mending altro non è che una sorta di ricamo disobbediente e gentile che si oppone ai ritmi del fast fashion che tutto fagocita. Una riparazione colorata, fantasiosa ed efficace che lancia un messaggio di critica alla società dell’iper-consumo. Un modo per impreziosire con ricami autentici un capo uguale a migliaia di altri. Un “innesto” per dimostrare – o forse per augurarsi – che l’artigianalità può emergere anche su capi prodotti in serie.


Immagine di copertina: Giulia Bertelli, Unsplash

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