Accrescimento artificiale di corsi d’acqua: l’ambiente prima di tutto
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Accrescimento artificiale di corsi d’acqua: l’ambiente prima di tutto

Il Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il decreto 2 maggio 2016, n. 100, detta le regole tecniche, ma sempre dando priorità agli obiettivi di tutela ambientale.

I corpi idrici sotterranei costituiscono una risorsa naturale preziosa non solo per le attività agricole, ma per il consumo in genere, sia domestico sia industriale. Tuttavia, se la richiesta di acqua di falda supera la disponibilità della risorsa, si possono verificare fenomeni di svuotamento dei bacini che, al di là del disagio legato al mancato approvvigionamento, possono determinare a lungo andare fenomeni di abbassamento del terreno (cosiddetta subsidenza) e, talvolta, l’apertura di voragini.

Per prevenire queste criticità legate a un consumo eccessivo spesso si ricorre all’immissione forzata di acqua (per lo più di origine fluviale, ma anche sotterranea) nella falda, tramite un’operazione detta “ravvenamento”. Di questo si è occupato il recentissimo decreto del Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare 2 maggio 2016, n. 100, che ha dettato, appunto, i criteri per il rilascio dell'autorizzazione al ravvenamento o all'accrescimento artificiale dei corpi idrici sotterranei al fine del raggiungimento dell'obiettivo di qualità, ai sensi dell'articolo 104, comma 4-bis del testo unico ambientale (D.Lgs. n. 152/2006). L’intervento del dicastero si giustifica con il fatto che, a fronte di un ricorso frequente a tale operazione, è necessario garantire la non alterazione del livello di “qualità ambientale” del corpo ricettore. A questo scopo vengono ritenuti idonei i corpi idrici donatori in stato chimico “buono” (con riferimento ai parametri individuati dal D.Lgs. n. 30/2009 «Attuazione della direttiva 2006/118/CE, relativa alla protezione elle acque sotterranee dall'inquinamento e dal deterioramento»), individuati in base ai criteri del nuovo D.M. n. 100/2016, che detta le regola sia per i riceventi sia per i donatori.

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Gli enti amministrativi di riferimento restano le regioni che, per i corpi idrici donatori, devono acquisire tutte le informa-zioni disponibili ai fini di distinguere quelli in stato “non buono” da quelli che, pur risultando in stato “buono”, mostrano una tendenza all’aumento delle concentrazioni di inquinanti; parimenti alle regioni spettano i compiti di tutelare i punti di approvvigionamento idropotabile e coordinarsi con le altre amministrazioni regionali, nel caso il corso d’acqua interessasse territori diversi. Per quanto riguarda, invece, i corpi idrici donatori, oltre ovviamente alla qualità chimica e organolettica, devono essere analizzati la portata e il regime idrico (che deve tenere conto anche di eventuali fasi di surplus). Tutti i dati devono, inoltre, essere costantemente monitorati in modo da aggiornare il piano di gestione.

Una volta individuati i corpi ritenuti idonei, parte la procedura autorizzativa che prevede l’analisi sull’assoggettamento alla valutazione di impatto ambientale, seguita, in caso di esito positivo, da uno studio di impatto ambientale e dalla presentazione dell’istanza all’autorità competente. Sarà poi la medesima autorità, nel caso l’iter non incontrasse ostacoli, a fornire un provvedimento espresso e motivato sostitutivo di tutte le autorizzazioni e contenente le istruzioni su come eseguire l'intervento e tenere monitorato il corso d’acqua per garantirne il mantenimento degli obiettivi di qualità ambientale e igienica.

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