Bioshopper: l’illegalità è nella busta
Sostenibilità

Bioshopper: l’illegalità è nella busta

Controlli a campione sulla filiera dei sacchetti di plastica. Legambiente e CNR di Catania denunciano: metà dei sacchetti in circolazione in Italia sono illegali e contengono polietilene, la mano della criminalità organizzata sul business delle plastiche.

Dire che il tema della sostenibilità ambientale stia prendendo sempre più piede in tutte le fasce della popolazione non è un eufemismo, peccato che spesso, e sempre più volentieri, la tematica dell'attenzione all'ambiente attiri gli interessi anche di chi, dell'ambiente, alla fin fine se ne infischia. Prendiamo ad esempio il caso dei sacchetti di plastica, le classiche buste della spesa.

In Italia, la criminalità organizzata controlla gran parte del mercato dei sacchetti di plastica bio, non soltanto al Sud, e impone ai commercianti l’acquisto e la distribuzione di prodotti non conformi agli standard UNI EN 13432, quindi illegali e soprattutto non compostabili. Metà dei sacchetti in circolazione in Italia sono illegali; il valore perso dalla filiera legale è di circa 160 milioni di euro, a cui si devono aggiungere 30 milioni di euro di evasione fiscale e 50 milioni di euro per lo smaltimento delle buste fuori legge. Questi sono i dati diffusi da Legambiente, in collaborazione con il CNR di Catania, dopo i risultati dei test effettuati su 26 sacchetti in plastica raccolti in altrettanti supermercati in giro per l’Italia, soprattutto della grande distribuzione. Ebbene sui ventisei shopper analizzati “solo in quattro il polietilene è assente. Sei shopper contengono una quantità di Pe non consentita, quindi sono fuorilegge”.

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Stanti questi dati, Legambiente ha avviato la campagna #UnSaccoGiusto, volta a sensibilizzare e informare sul tema l'utenza. Testimonial d'eccezione della campagna è Fortunato Cerlino, alias il superboss di Gomorra Pietro Savastano, che ha prestato la sua immagine per un cortometraggio di denuncia di questo nuovo business illegale della criminalità organizzata. La perdita per la filiera legale dei veri sacchetti bio è ingente ma, economia a parte, il danno più grande è sicuramente quello ambientale. I sacchetti di plastica sono infatti formati da polietilene, derivato del petrolio, e una volta scaricati nell’ambiente, resistono mille anni prima di iniziare a degradarsi: l’accumulo è inevitabile, la dispersione pure e a rimetterci è soprattutto l'ambiente.

Già nel 2013 gli allora ministri all’Ambiente e allo Sviluppo economico, Corrado Clini e Corrado Passera, firmarono un decreto che imponeva l’uso di bioshopper, fatte di bioplastiche, meno inquinanti poiché non derivate dalla raffinazione del petrolio ma da fonti di energia rinnovabili, e biodegradabili. A tre anni di distanza però, produrre sacchetti bio costa molto di più rispetto ai sacchetti classici: un chilogrammo di bioplastica costa infatti circa 4 euro, mentre un chilogrammo di materiale in polietilene la metà o anche meno. Questo a fronte del fatto che il mercato legato ai sacchetti biodegradabili per la gestione della raccolta differenziata dell’umido, prodotti in mater-bi, rappresenti oggi il 14% del comparto nettezza e sia caratterizzato da alti tassi di crescita e elevato contenuto di innovazione. “L’iniziativa di Legambiente e del CNR di Catania è l’ennesima conferma del grave e diffuso contesto di illegalità in cui si trovano ad operare le aziende socie di Assobioplastiche, costrette a competere con imprese che pur di ottenere profitti illeciti arrivano a tagliare i bioshopper con il polietilene, plastica non biodegradabile, non consentita né dalla legge né dalla norma internazionale UNI EN 13432:2002” commenta il presidente di Assobioplastiche, Marco Versari.

Una situazione che certamente non può e non deve lasciare indifferenti nessuno di noi. Fortunatamente l'informazione ambientale ha raggiunto una diffusione davvero capillare, basti pensare ai servizi di Luca Abete, inviato di Striscia la Notizia, sui commercianti che utilizzano o meno sacchetti compostabili e il giro d’affari che c’è dietro gli shopper non a norma. Servizi che gli sono valsi anche il premio Assobioplastiche per Comuni Ricicloni 2016, iniziativa di Legambiente, patrocinata dal Ministero dell’Ambiente, che premia le comunità locali, gli amministratori e i cittadini che hanno ottenuto i migliori risultati nella gestione dei rifiuti e che più si sono impegnati per la promozione e la diffusione di comportamenti virtuosi.

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