ClimateFish, un database dei pesci sentinella del cambiamento climatico
Ambiente

ClimateFish, un database dei pesci sentinella del cambiamento climatico

Un campionamento durato 13 anni ha permesso di identificare e censire oltre centomila esemplari di specie sentinella del surriscaldamento globale nel Mediterraneo, monitorando di fatto gli effetti della crisi climatica sul Mare Nostrum.

Un database open access che fornisce informazioni sulla presenza nel Mar Mediterraneo di pesci considerati ‘sentinella’ del cambiamento climatico. Si chiama ClimateFish ed è un progetto pluriennale che ha visto la sinergia fra diverse realtà. La ricerca, pubblicata sulla rivista Frontiers, è stata realizzata dal biologo marino Ernesto Azzurro dell’Istituto per le Risorse Biologiche e le Biotecnologie Marine del Cnr, in collaborazione con esperti del Centro Ricerche ENEA di Santa Teresa (La Spezia) e di altri istituti internazionali.

La ricerca, metodi e risultati

Grazie a un campionamento durato 13 anni sono stati censiti oltre centomila esemplari delle 15 specie target, in oltre 3 mila aree di sette Paesi del bacino del Mediterraneo. Le più rappresentate sono le specie autoctone donzella pavonina e salpa, anche se quest’ultima è andata registrando una diminuzione in quantità e in distribuzione geografica dovuta con tutta probabilità all’aumento delle temperature e alla competizione con erbivori tropicali”, ha spiegato in una nota Federica Pannacciulli, responsabile del Laboratorio ENEA di Biodiversità e Servizi Ecosistemici.

Attualmente, nel database figurano sette specie autoctone, selezionate sulla base dell’ampia distribuzione, della sensibilità alle mutazioni di temperatura e per la facile identificazione, e otto specie esotiche provenienti dal Mar Rosso.

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Al momento, la presenza di specie esotiche è concentrata nel settore orientale del Mediterraneo dove il fenomeno del riscaldamento delle acque è particolarmente accentuato (ne è un esempio l’area a sud di Creta, con un aumento di 1,65 °C), ma si attende un aumento, dovuto ai marcati effetti del global warming sugli ecosistemi e sui movimenti faunistici.

Mar Mediterraneo, hot spot del cambiamento climatico

Secondo lo studio europeo Savemedcoasts-2 (Sea Level Rise Scenarios Along the Mediterranean Coasts-2), entro il 2100 il livello del mare Mediterraneo potrebbe aumentare da 60 fino a 100 centimetri a causa del surriscaldamento globale.

Con circa settecento specie ittiche e un tasso di riscaldamento circa tre volte più veloce di quello dell’Oceano, il Mediterraneo è considerato un hot spot per quanto riguarda la biodiversità da un lato, per il surriscaldamenti globale dall'altro.

Per tale duplice ragione, l'osservazione del Mare Nostrum offre sin da ora un punto di vista privilegiato sui cambiamenti in corso sott'acqua. Negli ultimi decenni, ad esempio, parecchie specie si sono spinte verso i poli, aumentando il rischio di estinzione, mentre l’arrivo di nuove specie esotiche erbivore sta causando il fenomeno della desertificazione marina.

Inoltre, diversi esemplari hanno ampliato la loro distribuzione geografica nel Mediterraneo: si tratta di un fenomeno, indicato come meridionalizzazione, che coinvolge diverse specie ittiche native.

Un ulteriore aspetto riguarda il fenomeno della tropicalizzazione>, ovvero la presenza di pesci non autoctoni di origine tropicale, di cui si prevede una sempre più cospicua presenza nel Mediterraneo per effetto del riscaldamento globale.

Le interviste alle comunità locali

Per conoscere le mutazioni in corso nell’ecologia marina del Mediterraneo, il team internazionale di ricercatori del progetto ClimateFish ha scelto di intervistare oltre 500 pescatori, di età compresa tra i 28 e gli 87 anni, con più di 10 anni di esperienza individuale e oltre 15mila anni complessivi di osservazione del mare. Le interviste si sono svolte in 95 località di nove diversi Paesi europei.

Agli interpellati è stato chiesto di menzionare la specie che è aumentata in abbondanza o percepita come nuova, cioè mai osservata prima, nelle loro zone di pesca. Complessivamente, gli intervistati hanno menzionato principalmente 75 specie, sia autoctone che esotiche, adattate al caldo.

Sviluppato in modo estensivo, il metodo ha consentito di monitorare in modo semplice ed efficace alcuni effetti dei cambiamenti climatici già in atto sugli ecosistemi costieri del Mediterraneo, attraverso la collaborazione tra istituti di ricerca, esperti e comunità locali.

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