Come le api stanno ricostruendo la biodiversità a Bibione
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Come le api stanno ricostruendo la biodiversità a Bibione

Nell’oasi naturalistica di Val Grande, due milioni di api vivono in autonomia, resistono alla varroa e favoriscono il ritorno di fiori scomparsi da decenni. Un modello virtuoso di rigenerazione ambientale e apicoltura sostenibile.

A Bibione, nel cuore di una delle località balneari più frequentate del Veneto, la natura ha ripreso a respirare. Succede a Val Grande, oasi naturalistica di 360 ettari inaugurata meno di un anno fa, oggi popolata da circa due milioni di api. Venti arnie, installate all’interno di un’area protetta e gestita in modo ecologico, stanno trasformando radicalmente l’equilibrio ambientale del territorio. Le protagoniste di questa rivoluzione sono le api: più sane, autonome e resilienti, capaci di rigenerare la biodiversità e di difendersi spontaneamente dal parassita più temuto dagli apicoltori, la varroa.

In un panorama agricolo sempre più segnato da difficoltà nella fecondazione delle regine e da un eccessivo ricorso agli interventi artificiali, le api di Val Grande rappresentano un’eccezione virtuosa. Qui non sono necessarie cure esterne, né integrazioni alimentari. Si nutrono esclusivamente di essenze spontanee e non trattate, trovando nell’ambiente stesso la chiave della loro salute. «Le api che abitano l’oasi godono di un livello di benessere tale da scongiurare il proliferare dei patogeni, anche in presenza della varroa – racconta l’apicoltrice Tiziana Moretti –. Il segreto è un polline proteico di altissima qualità e un ecosistema in equilibrio».

Gli effetti sono visibili e misurabili: già in primavera, i sette ettari del prato dell’oasi hanno registrato un’impollinazione record, con un incremento notevole della varietà floreale. Tra le specie ricomparse, spicca la primula farinosa, fiore alpino che non si vedeva nella zona da oltre vent’anni. Un traguardo raggiunto anche grazie a una gestione attenta dell’habitat: sfalci ridotti, divieto di calpestio, rimozione della biomassa. «La presenza delle api ha accelerato la formazione di un prato stabile – spiega Giosuè Cuccurullo, naturalista dell’oasi –. Un passo decisivo per il ripristino della biodiversità».

Val Grande si sta affermando come un vero laboratorio a cielo aperto, dove è possibile studiare in tempo reale come un ambiente sano e protetto migliori le condizioni di vita delle api. Un osservatorio prezioso in un momento storico in cui gli impollinatori sono sotto attacco e la loro sopravvivenza è messa a rischio da inquinamento, monocolture e pesticidi.

Il benessere degli alveari si riflette anche nella qualità del miele prodotto: un nettare prezioso che racconta l’identità stessa dell’oasi. La smielatura primaverile, più cremosa e cristallizzata, nasce dai fiori spontanei come tarassaco, salice, biancospino e pratoline. Quella estiva, battezzata “Laguna”, è un’esperienza organolettica unica, con sentori dolci e salmastri derivati dagli arbusti tipici delle barene venete. La raccolta è effettuata esclusivamente sull’esubero, nel pieno rispetto delle esigenze degli alveari, e il miele viene distribuito in edizione limitata presso la biglietteria dell’oasi per sostenere il progetto di tutela ambientale.

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