Essenziale e durevole: la moda anti-mode di La Methode
Sostenibilità

Essenziale e durevole: la moda anti-mode di La Methode

Intervista all’azienda tessile che punta sulla sostenibilità e sui più giovani con progetti nelle scuole per mettere a punto stile etico e know-how di domani.

Da dove partire per ripensare l’abbigliamento in chiave etica? Dall’essenzialità. È quello che sostiene La Methode, azienda della provincia di Varese che realizza e lavora tessuti di eccellenza. Combattere il fast fashion, si è detto in diverse occasioni, è responsabilità tanto dei consumatori, quanto delle aziende produttrici. E, dall’auspicabile influenza reciproca di questi due elementi, potrebbe delinearsi un circolo virtuoso, una quotidiana predisposizione alle buone pratiche. La Methode porta avanti una filosofia antitetica alle logiche del fast fashion, secondo cui i capi devono essere immediatamente disponibili, in enormi quantità e capillarmente distribuiti. Nonsoloambiente ha intervistato Bruno, Brigitte, Gio e Mattia, team e cuore pulsante di un’azienda che fa dell’attenzione il suo principio cardine.

Moda on demand

Accuratissima selezione dei filati, modelli essenziali, poche varianti di colore e una produzione su richiesta sono i tratti distintivi di La Methode. In pratica, con questa modalità, si ribalta il ruolo dell’acquirente che diventa investitore, pagando un capo che deve essere ancora realizzato. «Una modalità che richiede innanzitutto fiducia» spiega Bruno Mocchi, dalla cui lunga esperienza in ambito tessile con Produce Sinapsi nasce La Methode. L’azienda, che in primis porta un esempio concreto di cambiamento, lavora con filati di alta qualità e un’idea di sostenibilità lungo tutta la filiera.

Una moda proiettata al domani

«Ci interessa – racconta il team – avere un basso impatto anche nelle fasi meno considerate. Certo, il consumo di acqua è determinante, ed è per questo che La Methode utilizza cotone certificato Supima® (anche riciclato) e fibre derivate dalla canapa o dall’ortica. Ma sostenibilità – proseguono i quattro – significa anche durevolezza e riparabilità, nonché facilità di riciclo». Un approccio che, da una parte, sembra interessare il mondo della moda. Ma dall’altra, «le aziende non possono acquistare tessuti la cui durevolezza è di molto superiore alla scadenza delle collezioni», spiegano da La Methode. Un meccanismo che potrebbe generare un corto circuito tra gli interessi degli stessi marchi di abbigliamento, tra orientamento al profitto ed etica.

Raccontare La Methode con talk e progetti nelle scuole

Inoltre, far percepire il valore aggiunto a cui corrisponde un costo più elevato, dicono da La Methode, «è molto difficile, se non di persona». Del resto, il team concorda sul fatto che «demandare all’e-commerce la comunicazione del surplus etico che La Methode risulta riduttivo, se non addirittura rischioso. L’utente, prima che diventi acquirente, può perdersi nel mare magnum di competitor (o presunti tali) senza nemmeno poter percepire la differenza qualitativa dei nostri prodotti». Quindi ben vengano iniziative e incontri come quello organizzato durante la scorsa Milano Fashion Week o la presenza a Green Factory di Firenze. E per far sì che il cambiamento sia radicato, La Methode partecipa a incontri sui territori, con associazioni, enti e scuole. Dalla Sicilia all’istituto “San Gregorio da Catino” di Poggio Mirteto, nel Lazio, per arrivare alla Valtellina. Gli spunti sono numerosi e significativi, «grazie alla sensibilità dei professori che abbiamo avuto la fortuna di incontrare e alla reattività di studenti e studentesse».

Educare alla moda lenta e sostenibile

Perché rivolgersi direttamente alle nuove generazioni? «Analogamente a quanto succede in Paesi come Gran Bretagna o Svizzera – sostengono da La Methode, l’educazione scolastica deve accompagnarsi alla sensibilizzazione sulle tematiche ambientali. Instillare la consapevolezza nei più giovani significa dare gli strumenti per discernere criticamente e, forse, anche depotenziare il fast fashion». I più giovani sono «interlocutori più reattivi che possono comprendere e porre rimedio agli errori commessi e che si continuano a commettere». Ne è dimostrazione il progetto con Hip Hop Watches, coinvolgendo giovani designer nell’ideazione di cinturini di orologi a partire da scarti di tessuto. Del resto, l’upcycling per La Methode è l’idea alla base di tutto, dal momento che il tessuto millerighe riutilizzato è presente già nel logo del brand.

Tra stile e upcycling

Emblematico è il progetto realizzato con gli studenti di fashion design del centro studi Casnati di Como, lo scorso ottobre. «A studenti e studentesse è stato chiesto di progettare dei capi nel rispetto delle risorse naturali, in un’accezione molto concreta e pratica. Sono stati forniti due metri di tessuto in canapa e cotone, un jersey realizzato per il progetto e una cintura sfrangiata o con fibbia in cotone greggio». Gli apprendisti stilisti, poi, hanno ricevuto in dotazione cinque bottoni rivestiti in tessuto e tre metri di nastro sbiecato in cotone riciclato, simbolo del brand. La sfida era proprio confrontarsi con un’idea nuova di moda. Pensare a modelli capaci di collocarsi al di fuori del qui e ora, svincolarsi dalle mode passeggere, in virtù della durevolezza dei materiali.

Il progetto con l’isituto Casnati

Un trimestre di lavoro supervisionato da docenti e dalla stessa azienda ha portato al confezionamento di veri capi, la cui versatilità è stata massimizzata. «Laddove possibile, le creazioni sono state pensate in ottica gender neutral»: dalla maglia girocollo ai pantaloni palazzo passando per gilet e felpa. La sfilata conclusiva ha coronato un progetto dall’alto profilo educativo e professionale in cui sono confluite le storie dei designer e l’esperienza di La Methode. Come da filosofia aziendale, «anche la progettazione del capo è stata improntata a una ottimizzazione delle risorse, invitando i candidati a produrre il minor numero di scarti». Ai partecipanti è stato chiesto, quindi, di proiettarsi in una dimensione estetica slegata dall’effimero e orientata alla funzionalità. I capi, per La Methode, mirano a sopravvivere alle mode con un’eleganza atemporale e una praticità che rappresenta il fulcro del design. Un atteggiamento che, se perseguito da numerose aziende, potrebbe ridurre sensibilmente i rifiuti tessili.

Valore e prezzo nella sostenibilità

Sostenibilità, infatti, non è un concetto astratto e altro rispetto alle azioni quotidiane. Sostenibilità è nel cibo, negli spostamenti da e verso il luogo di lavoro, nonché nel vestire. Ma allora perché non riuscire a instillare uniformemente il senso di urgenza nei più giovani? «I capi sostenibili – spiega il team da La Methode – impongono una scelta, anche nella misura in cui il loro prezzo è estremamente più alto di un capo di fast fashion». Allora perché, a parità di prezzo o con un prezzo addirittura sbilanciato verso le griffe, si tende a preferire un capo firmato? «Il capo firmato, ma realizzato senza porre il minimo rispetto alla sostenibilità umana e ambientale, riesce a imporsi come urgenza». Questo dimostra che «purtroppo la sostenibilità non è percepita come un valore aggiunto» o, per dirla con un’espressione tipica della moda, come un must-have. «Una soluzione – suggeriscono da La Methode potrebbe essere investire moltissimo nella comunicazione. Le piccole aziende come la nostra, però, non hanno né le risorse economiche né quelle umane per poter sopportare un onere simile. Sarebbe opportuno, perciò, che la comunicazione fosse coesa e istituzionale a favore di realtà meritevoli di voce e attenzione».


Immagine di copertina: La Methode

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