Legno da abitare, l’Italia è quarta: la necessità della filiera corta
Sostenibilità

Legno da abitare, l’Italia è quarta: la necessità della filiera corta

Nel settore delle costruzioni il numero delle città che abbandonano il mattone a favore del legno è in aumento. Sorgono così grattacieli in pieno centro urbano anche in Italia, soprattutto in  Lombardia e Veneto ma la vera necessità è l’utilizzo di risorse locali.

Progettare in maniera sostenibile vuol dire, tener conto dell’impatto di un determinato prodotto sull'ambiente nel suo intero ciclo di vita. Il vecchio concetto produci-consuma-butta tipico dell’economia lineare è stato rimpiazzato da un principio di economia circolare: produci-consuma-recupera. Si fa spazio dunque la necessità di ricorrere a materie prime che rispondano a requisiti volti al riutilizzo e alla riduzione degli sprechi. In Italia il legno ha sostituito il mattone nel settore delle costruzioni e il numero delle città che scelgono il legno da abitare è in aumento. Abbandonato lo stereotipo dello chalet di montagna, la vera rivoluzione sta nella progettazione e realizzazione di edifici e grattacieli interamente realizzati in legno in pieno centro urbano.

Nel Terzo Rapporto Case ed edifici in legno di Federlegno, si evince che il trend abitativo riguardo il mercato delle case in legno sta crescendo sempre di più. Nel 2017, sette case su 100 sono state costruite in bioedilizia per un fatturato di settore di circa 700 milioni di euro annui tra 2016 e 2017 (quasi 1,4 miliardi di euro). La maggior concentrazione (il 24%) si registra nel Trentino Alto-Adige, seguito dalla Lombardia (22%) e dal Veneto (15%). Per quanto riguarda le abitazioni in bioedilizia, al primo posto c’è la Lombardia (con il 23% delle abitazioni), seguita da Veneto (19%), Trentino-Alto Adige (12%) ed Emilia-Romagna (11%).

L’Italia si posiziona al quarto posto in Europa in quanto a capacità e volume di affari dietro Germania, Inghilterra e Svezia, paesi con i più grandi fornitori europei di legname strutturale. Secondo il CREA - Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria – Con il 30% contro una media europea del 60%, l’Italia è tra i Paesi con la percentuale più bassa per quanto riguarda il tasso di utilizzo annuo del patrimonio boschivo. Da qui dunque la necessità di fare spazio alla filiera corta che in base alla disponibilità di risorse legnose locali, accorci la distanza tra produttore e consumatore evitando trasporto, inquinamento, intermediari e producendo occupazione in loco.

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Peter Rubner, presidente del Gruppo Rubner, specializzato nel settore del legno ha sottolineato come “ogni albero possa mediamente assorbire fino a 20 kg di CO2 all'anno.” Intervenendo solo durante il processo di senescenza, dunque quel momento antecedente la morte degli alberi, “si evita che rilascino nell'atmosfera tutta l’anidride carbonica immagazzinata durante il loro ciclo di vita”.

In tal senso, nel 1999 è stata adottata la certificazione PEFC, programma di tutela per la gestione forestale sostenibile. La certificazione assicura che per ogni albero tagliato ne verrà piantato almeno un altro per garantire la continuità del ciclo vitale dell’ecosistema. Serve inoltre ad assicurare che il legno proveniente da un bosco certificato, sia lavorato nel pieno rispetto dei diritti sociali e lavorativi dell’uomo e delle norme di sicurezza a tutela del lavoratore.

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