Disastro ambientale in Brasile: l’accordo che non convince
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Disastro ambientale in Brasile: l’accordo che non convince

 

 
 
Il Governo Brasiliano e Samarco raggiungono un’intesa per rimediare ai danni causati dal crollo della diga Fundão a Minais Gerais. Le ONG contestano l’accordo e rivendicano la non negoziabilità dei diritti umani.
 
 
La scorsa settimana, a Minas Gerais, Il Governo Federale Brasiliano e Samarco Mineração hanno siglato un accordo per costituire una Fondazione privata che avrà il compito di rimediare ai danni ambientali e sociali causati dal crollo della Diga Fundão dello scorso novembre. 
Il crollo, considerato il disastro ambientale più grande della storia del Brasile, ha causato la distruzione di interi villaggi, la morte di almeno 17 persone e centinaia di sfollati, e comportato la contaminazione, con fango e sostante tossiche, del fiume Rio Doce.
 
L’accordo, che per entrare in vigore dovrà essere validato da un Giudice della Corte Federale di Minais Gerais, obbligherebbe Samarco Mineração a sviluppare dei Reparatory e Compensatory Programs, per ripristinare fauna e flora locale e indennizzare le comunità colpite dal disastro. L’Azienda sosterrebbe la Fondazione con un finanziamento annuale dai 200 mila ai 400 mila dollari per i prossimi 15 anni. E nel caso in cui Samarco non ottemperasse al pagamento, saranno i suoi due azionisti di riferimento (il colosso brasiliano Vale e Bhp Billiton Brasil) a doverne rispondere ripartendo gli oneri al 50 per cento.
 
 
Se la Corte Federale dovesse approvare l’accordo non si concluderebbero i mesi di controversie e polemiche attorno al disastro. A meno di 24 ore di distanza dalla notizia dell’intesa raggiunta tra Governo e Azienda, infatti, 87 associazioni impegnate a tutela dell’ambiente e delle comunità locali - tra cui Greenpeace e Justicia Global - hanno reso note le proprie perplessità rispetto all’accordo.
Le organizzazioni denunciano, in primis, il mancato coinvolgimento delle comunità colpite dal disastro nella fase di negoziazione. Si tratterebbe di una violazione del consenso libero, preventivo e informato delle popolazioni native sancito dalla Convenzione 169 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro e dalla Dichiarazione delle Nazioni Unite sui Diritti dei Popoli Indigeni.
 
Le ONG, sottolineano inoltre, che quanto pattuito non garantisce i principi del “giusto processo”, in quanto spetterà all’Azienda proporre e negoziare il valore dell’indennizzo da corrispondere a ciascuna parte lesa. 
Nello specifico, secondo l’accordo, i risarcimenti verranno valutati caso per caso e qualora il soggetto da indennizzare fosse in disaccordo sul risarcimento, la Fondazione (gestita e finanziata sempre da Samarco e dai suoi azionisti) potrà fornirgli assistenza legale. Le associazioni evidenziano come si tratti di un vero e proprio c onflitto di interessi che non tutela le norme internazionali sui diritti economici, sociali e culturali.
Se il Giudice Federale dovesse confermare la validità dell’accordo, sarebbe impossibile poi apportare delle modifiche ex post alle condizioni di recupero e risarcimento. Alle associazioni e comunità locali resterebbe la possibilità di adire la Corte Interamericana dei Diritti dell’Uomo, che già nel 2012 si è pronunciata sul principio del consenso preventivo e a favore delle popolazioni native.
 

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