Organismi geneticamente modificati in agricoltura: in Europa c’è chi dice no
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Organismi geneticamente modificati in agricoltura: in Europa c’è chi dice no

A seguito dell'approvazione della direttiva comunitaria 2015/412 nel marzo scorso, la Francia ha recentemente chiesto alla Commissione europea di essere esclusa dai Paesi che accettano la coltivazione di OGM. L'annuncio segue quello di Germania, Grecia e Lettonia.

Organismi geneticamente modificati fuori dal piatti francesi: dopo Germania, Grecia e Lettonia, anche il governo transalpino ha chiesto alla Commissione europea di essere escluso dalla lista di Paesi che accettano la coltivazione di OGM. L'annuncio, riportato dall'agenzia di stampa Reuters, proviene da una dichiarazione ufficiale congiunta del Ministero dell'Ambiente e delle aziende agricole nazionali e riguarda tanto organismi già approvati quanto quelli in fase di revisione in ambito europeo.

Una mossa prevedibile, visto che già nel maggio 2014 la Francia aveva approvato definitivamente una proposta di legge che vietava la coltivazione di varietà di mais geneticamente modificato e prevedeva la possibilità di ordinarne la distruzione in caso di mancato rispetto del provvedimento. La stessa Francia era stata protagonista e promotrice nel settembre 2014 di una richiesta, respinta dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), di vietare con una misura d'urgenza la coltivazione di mais geneticamente modificato in Europa.

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Il recente annuncio è frutto e conseguenza della direttiva 2015/412, legislazione comunitaria emanata nel marzo scorso, che prevede che i singoli Paesi possano richiedere l’esclusione da qualsiasi richiesta di approvazione per la coltivazione OGM che l’EFSA abbia invece precedentemente approvato. Secondo le disposizioni entrate in vigore, la comunicazione dell’opt-out deve essere inoltrata sia alla Commissione europea che all’azienda biotech che ha presentato la domanda.

In sintesi, le nuove regole europee presentano agli stati membri due opzioni: la prima consente loro di chiedere alle aziende produttrici di OGM di essere tenuti fuori dall'ambito geografico della coltivazione; la seconda permette di proibire la coltivazione di un OGM sulla base di obiettivi di politica ambientale, pianificazione territoriale o consumo di suolo.

In Italia vige una moratoria di 18 mesi, emessa subito dopo l’approvazione della direttiva, che integra e prolunga quella del 2001 sul divieto di colture OGM. Ma le preoccupazioni non mancano: alcune organizzazioni del settore alimentare sollevano dubbi sull'effettiva efficacia del testo europeo, chiedendosi se il focus centrale dell'approccio adottato riguardi effettivamente i diritti di cittadini e produttori. Tra loro l'associazione Slow Food, da sempre contraria all'utilizzo di organismi geneticamente modificati in agricoltura, che chiede a gran voce l'introduzione dell'etichettatura obbligatoria per garantire al consumatore attento una reale possibilità di scelta.

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