#SustainableTalks: Matteo Colle di Gruppo CAP
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#SustainableTalks: Matteo Colle di Gruppo CAP

Nei #SustainableTalks di oggi parleremo di principi ESG, “Piano di Sostenibilità" e Regolazione per le emissioni di energia con Matteo Colle, Responsabile Relazioni Esterne e CSR di Gruppo CAP.

Da mesi Covid-19 domina le nostre giornate in termini di destabilizzazione e necessità di riprogrammazione oltre alla difficoltà nel prevedere quando si tornerà alla normalità e come. In momenti come questo dove la maggior parte dei messaggi combinano drammaticità e speranza al tempo stesso, come editori e redattori il nostro obiettivo è “buttare il cuore al di la dell’ostacolo” consapevoli che il futuro sarà caratterizzato da una sempre maggiore attenzione alla sostenibilità nella sua accezione più ampia. Per questo motivo abbiamo integrato nel nostro piano editoriale delle interviste, #SustainableTalks - condotte ad esperti di settore e referenti aziendali - con l'obiettivo di scoprire e comprendere quali siano le esigenze attuali in tema di sostenibilità, come vengano soddisfatte e come vengano rendicontate, certi che un’esperienza condivisa possa favorire una ripartenza efficace ed efficiente.


Maria Grazia Persico

Da dove nasce la necessità per l’azienda in cui lavora di intraprendere un percorso di sostenibilità economica, ambientale e sociale?
L’esigenza nasce dalla natura del nostro core business, che consiste nel gestire una risorsa essenziale qual è l’acqua, proteggendola e distribuendola ai cittadini. L’attenzione e la cura per l’ambiente è quindi scritto nel nostro DNA. In qualità di azienda pubblica, lavoriamo a vantaggio del territorio della Città metropolitana di Milano: tutti i Comuni dell’area metropolitana, e quindi i cittadini, sono di fatto nostri soci. A questo aspetto dobbiamo aggiungere il fattore innovazione, elemento intrinseco della gestione del servizio idrico integrato, che ci ha portato a caratterizzarci per un alto tasso di attenzione all’ambiente. E grazie alla sperimentazione e alla ricerca, abbiamo individuato alcuni progetti di economia circolare che rappresentano la cifra del nostro approccio alla sostenibilità.

L’adozione di questo percorso che effetti ha generato in termini di comunicazione interna ed esterna?
La sostenibilità in CAP ha trovato la sua concretizzazione e una sua identità all’interno di una strategia ben definita, fortemente integrata al business. Si tratta del nostro Piano di Sostenibilità, basato su tre principi cardine: “Resilienti, Sensibili e Innovatori”, che si intreccia e comunica con un altro documento strategico, il Piano Industriale. La sostenibilità ha dunque una ricaduta diretta sul business, in quanto le scelte di investimento che Gruppo CAP effettua, seguono un orientamento nel medio e nel lungo termine totalmente improntato ai principi ESG (Envinronment, Social, Governance). Per esempio, la scelta di investire in economia circolare, recuperando energia dai fanghi di depurazione – biogas e biometano – risponde all’obiettivo di ridurre le emissioni di CO2.

Tutto questo si accompagna a una strategia di comunicazione, volta a condividere e coinvolgere tutti gli interlocutori che operano sul nostro territorio, in modo che le decisioni strategiche includano sia gli interessi degli stakeholder che quelli dell’azienda. D’altro canto, non sarebbe possibile portare avanti un progetto di questo tipo senza coinvolgere direttamente l’intera popolazione aziendale. Si tratta delle persone che materialmente realizzano la strategia di Gruppo CAP attraverso il loro lavoro, e che sono i primi testimonial del nostro approccio. L’intera comunicazione interna degli ultimi tre anni è fondata sugli stessi pilastri strategici del nostro Piano di Sostenibilità. Una strategia che fa leva su due grandi capisaldi: da un lato, la diffusione di cultura e conoscenza, per cui nella comunicazione interna sono stati attivati dei percorsi di crescita che valorizzano la sostenibilità. Dall’altro lato abbiamo sviluppato progetti di engagement e di empowerment, che servono per coinvolgere le persone di CAP nei progetti cui abbiamo dato vita e per farle interagire come parte attiva del processo.

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Come misurate oggi i vostri risultati in termini di sostenibilità? Disponete di un sistema di reportistica interno? Vi affidate a consulenti esterni?
Per la reportistica di sostenibilità lavoriamo su due piani, affidando tutta la misurazione dei risultati a risorse interne. Da una parte siamo soggetti obbligati, per le caratteristiche della nostra azienda, alla “Dichiarazione Non Finanziaria”, che redigiamo ogni anno dal 2013. In quanto atto di trasparenza nei confronti degli stakeholder, è un documento importante e approfondito, di circa 300 pagine, con il quale l’azienda intende raccontare come affronta e gestisce i rischi legati alla sostenibilità, sia quelli climatici che quelli sociali che quelli legati alla governance. C’è poi un'altra rendicontazione più analitica: il “Piano di Sostenibilità”, cui abbiamo affidato la strategia di lungo termine, che guarda attualmente al 2033 ed è basata, come detto, sui tre pilastri “Sensibili, Resilienti, Innovatori”. Ogni pilastro contiene al suo interno obiettivi e azioni che sono inseriti in un software che ci consente di effettuare una rendicontazione precisa, e ogni sei mesi produce un cruscotto destinato a tutti i nostri manager, in modo che si possa avere il polso esatto dell’andamento dell’attività alla luce del piano di sostenibilità e dei suoi target, e prendere provvedimenti corretti.

Con stretto riferimento al settore merceologico in cui opera l’azienda, la sostenibilità viene identificato come driver di crescita o competizione?
La sostenibilità per Gruppo CAP è un fondamentale driver di crescita, vista la centralità dell’acqua nella nostra attività. Il servizio idrico integrato è gestito in regime di monopolio ed è regolato da un’autorità indipendente, l’ARERA (Autorità di Regolazione per Energia reti e Ambiente). Per quanto ci riguarda, integrare la sostenibilità nel business significa, in primo luogo, mitigare l’impatto che le nostre attività hanno sull’ambiente e sul territorio. Gestire gli acquedotti, le reti fognarie e i depuratori è un’attività che comporta grandi consumi energetici, il cui contenimento diventa prioritario. Dall’altro lato sostenibilità significa anche garantire la continuità e la crescita del business. Per esempio: siamo di fronte a uno scenario in cui la crisi climatica sta compromettendo le risorse di acqua dolce presenti sul pianeta. E questo vale anche per l’Italia, dove le riserve saranno sempre più scarse e probabilmente di peggiore qualità.

Un’azienda come CAP dovrà quindi scavare pozzi più profondi, e sottoporre l’acqua a trattamenti di potabilizzazione più complessi. Il che comporta più investimenti, costi maggiori e una sempre maggiore richiesta di energia. Se non agissimo fin da oggi per adottare tutte le tecnologie necessarie e le misure per prevenire una generale condizione di scarsità della risorsa (cosa non solo possibile, ma assolutamente probabile), il rischio è di trasformare l’acqua in un bene che non tutti potranno permettersi. Già oggi, in Paesi come il Sud Africa le scorte di acqua potabile terminano in agosto. Per citare un altro esempio, in alcuni Paesi del Sud America l’allacciamento alla rete di acqua potabile sta diventando problematico per diverse persone. In questo senso sostenibilità significa lavorare per minimizzare il rischio e anticipare i problemi che potranno sorgere. Solo la tecnologia e la ricerca scientifica ci possono consentire di affrontare questo genere di sfide, e i fronti sono davvero diversi.

Per esempio, le reti idriche italiane sono mediamente vecchie, e in generale negli anni sono stati realizzati pochi investimenti. L’Italia soffre dunque di un problema molto grave: le perdite idriche, che in media superano il 40% a livello nazionale (per la Città metropolitana di Milano circa 12%). Tuttavia, oggi possiamo affrontare il problema in modo decisamente più tecnologico rispetto al passato, impiegando per esempio satelliti geostazionari che riescono a individuare le perdite dallo spazio, consentendo ai tecnici di intervenire puntualmente. Ci sono inoltre tecniche che consentono di riparare le tubazioni senza dover scavare, minimizzando costi e impatti sulla circolazione stradale. CAP ha fatto alcune scelte, come il riuso di acqua depurata o la trasformazione dei fanghi per ricavare bioplastica o biometano, possibili solo grazie a forti investimenti in ricerca e sviluppo. Gestire il servizio idrico integrato oggi significa avere una dimensione industriale importante, che consenta appunto importanti investimenti in innovazione.

In che misura l’aderire e l’adottare un protocollo di sostenibilità in questo periodo potrà permettere alle imprese di proiettarsi meglio verso la ripresa post Covid-19?
Il rischio che i temi della sostenibilità e dell’ambiente in generale siano messi un po’ da parte per accelerare la ripresa economica è concreto. Ma sarebbe davvero un grande errore. La crisi che stiamo vivendo può essere affrontata a mio avviso solo attraverso investimenti che abbiano una forte connotazione ESG. Alla luce delle importanti risorse che arriveranno sul nostro territorio, sarebbe folle immaginare di farlo puntando su tecnologie, modalità di produzione energetica e modalità di lavoro superate. Per esempio, oggi il futuro è la mobilità elettrica, a biometano, a idrogeno, e quindi è fondamentale per le imprese perseguire con ancora più convinzione le proprie politiche di sostenibilità. Oggi l’Italia ha un’opportunità più unica che rara, alla luce delle risorse stanziate dall’Europa, per accelerare questa transizione green. Utilitalia stima, per il rifacimento della rete idrica nazionale, un fabbisogno di 5 miliardi di euro, e di 7 per mettere in sicurezza il sistema idraulico del nostro Paese. Alla luce di questi numeri, crediamo che una parte delle risorse per la ripresa dovrebbe essere destinata all’ammodernamento delle reti di acquedotto e agli investimenti nella prevenzione dei cambiamenti climatici e dei fenomeni atmosferici estremi.

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