L’idrogeno verde è davvero un’alternativa sostenibile?
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L’idrogeno verde è davvero un’alternativa sostenibile?

L’idrogeno verde è visto da molti come alternativa ai combustibili fossili, soprattutto dove altre soluzioni sono troppo costose o irrealizzabili. Lo è davvero?

La produzione di idrogeno verde è tra gli obiettivi dell’Unione Europea descritti nel piano REPowerEU: l’orizzonte di produzione previsto è di circa 10 milioni di tonnellate, oltre a ulteriori 10 milioni da importare, entro il 2030.

Su carta, i benefici dell’idrogeno verde sono interessantissimi: abbatte le emissioni di CO2 nell’atmosfera, è un sostituto perfetto dell’idrogeno di origine fossile e può essere stoccato con relativa facilità. Ci sono, però, anche delle criticità importanti che riguardano questo combustibile, primo fra tutti i costi di produzione, ma anche la sostenibilità dell’intera filiera produttiva.

Green hydrogen: a che punto siamo oggi?

L’idrogeno verde si ottiene attraverso il processo di elettrolisi. Per via delle sue caratteristiche e dell’impatto ambientale ridotto rispetto all’idrogeno fossile, il green hydrogen viene definito "carburante rinnovabile di origine non biologica".  Attualmente, l'Unione Europea ha adottato un approccio specifico per la produzione e l’utilizzo di idrogeno verde, delineato nel piano REPowerEU e in un pacchetto di linee guida verticali sul tema, la strategia UE per l’idrogeno.

Per supportare ulteriormente lo sviluppo dell'idrogeno, l'UE ha introdotto il pacchetto Fit-for-55 e il pacchetto Mercato dell'idrogeno e del gas decarbonizzato, proponendo obiettivi per l'adozione dell'idrogeno rinnovabile nell'industria e nei trasporti entro il 2030.  Non solo: nel 2023 la Commissione UE ha proposto l’istituzione di una Banca Europea dell'Idrogeno, nata per creare sicurezza negli investimenti e opportunità commerciali nella produzione di idrogeno rinnovabile, sia a livello europeo che globale. Questa iniziativa mira a sbloccare investimenti privati nelle catene del valore dell'idrogeno, collegando l'offerta di energia rinnovabile alla domanda dell'UE e affrontando le sfide iniziali degli investimenti.

Da questo punto di vista, è facile capire quanto l’UE abbia investito (e stia investendo) nell’idrogeno verde come forma di combustibile alternativa a quelli tradizionali come il petrolio.

I problemi dell’idrogeno verde

L’idrogeno verde, però, presenta tantissime sfide e altrettante domande aperte. Le risposte da parte degli studiosi non sono sempre positive: ad esempio, nel rapporto “L’illusione dell’idrogeno verde” basato su una ricerca elaborata da Leonardo Setti (Università di Bologna) e Sofia Sandri (Centro per le Comunità Solari), vengono illustrate le criticità più importanti sulla produzione dell’idrogeno verde.

Uno dei punti dibattuti riguarda il consumo di acqua. Il processo di elettrolisi, infatti, richiede una grande quantità di acqua: circa 9 litri per ogni chilogrammo di idrogeno. Di conseguenza, per produrre 1 tonnellata di idrogeno, serviranno circa 9.000 litri di acqua.

La strategia italiana prevede una produzione di 700.000 tonnellate di idrogeno all'anno entro il 2030: ci sarebbe, quindi, un consumo annuo di circa 6,3 milioni di metri cubi d'acqua. Questo consumo potrebbe aumentare fino a 0,6 miliardi di metri cubi entro il 2050, rappresentando lo 0,3% del consumo totale di acqua dolce in Europa.

I problemi, però, non sono legati solo alla produzione: anche lo stoccaggio, la compressione e il trasporto dell'idrogeno richiedono grandi quantità di energia, specialmente se l'idrogeno viene trasportato in forma liquida. Altro aspetto importante è il tasso di evaporazione dell’idrogeno verde, che si attesta sullo 0,4% al giorno: ciò vuol dire che, dopo circa quattro mesi, metà del suo contenuto energetico originale sarebbe disperso.

E ancora, secondo quanto definito dal report, la potenza necessaria per comprimere l'idrogeno per il trasporto è circa tre volte maggiore rispetto a quella richiesta per i normali gasdotti, con un dispendio di energia importante. Ultimo, ma non per rilevanza, è il problema del consumo del suolo: secondo quanto riportato su ReCommon, che ha pubblicato il rapporto, “per raggiungere l’obiettivo del piano strategico italiano di una potenza di elettrolizzatori pari a 5 GW, bisognerebbe realizzare 50 elettrolizzatori da 100 MW, per cui sarebbe necessaria una superficie complessiva di 550 mila ettari di parco eolico o 43.100 ettari di parco fotovoltaico. 5500 Kmq equivalgono alla superficie delle province di Modena e di Reggio Emilia messe insieme.”

 

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I costi di produzione e i rincari fino al 65%

Altra nota dolente che riguarda l’idrogeno verde sono i costi di produzione. Secondo uno studio condotto dalla società McKinsey, su richiesta dell’Hydrogen Council, negli ultimi dodici mesi il costo di produzione dell'idrogeno verde ha registrato aumenti fortissimi, tra il 30% e il 65%. Questi rincari sono legati principalmente all'aumento dei costi dell'energia rinnovabile, al prezzo degli elettrolizzatori (i macchinari usati per estrarre l'idrogeno dall'acqua) e all’inflazione.

Le prospettive (e le aspettative) per il settore dell'idrogeno verde in Europa sono dunque decisamente peggiorate negli ultimi due anni. Le stime iniziali prevedevano che i costi di produzione scendessero sotto i 3€ al chilogrammo entro la fine del decennio. Se, però, guardiamo alle attuali previsioni, i costi sono compresi tra 5€ e 8€ al chilogrammo, un livello che richiederebbe investimenti governativi molto più elevati di quelli attualmente previsti.

Gli aumenti, ovviamente, hanno destabilizzato gli investitori, che stanno perdendo fiducia in questa risorsa. C’è da dire, però, che l’attenzione mondiale verso l’idrogeno verde è altissima e sono sempre di più i progetti che puntano a nuovi modi per produrre questo combustibile in modo più sostenibile.


Immagine di copertina: Rafael Classen

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