Nuova Zelanda: cercasi sponsor per proteggere gli oceani
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Nuova Zelanda: cercasi sponsor per proteggere gli oceani

Call-to-action per salvaguardare i mari in Nuova Zelanda: l’isola di Niue coinvolgerà degli sponsor privati nella protezione di porzioni di oceano.

La piccola nazione insulare di Niue, situata nel Pacifico, ha annunciato in una conferenza un piano ambizioso (e singolare) per proteggere la salute dei suoi oceani.

L’obiettivo dell’iniziativa è conservare e gestire in modo più sostenibile le risorse marine dell'isola, coinvolgendo attivamente gli sponsor. Nello specifico, la Nuova Zelanda offrirà ad aziende e privati la possibilità di proteggere una parte di oceano, versando una quota una tantum.  La quota per diventare sponsor di un chilometro quadrato di Oceano Pacifico è di 148 dollari, che permetteranno alle Istituzioni locali di tutelare i mari da minacce come la pesca illegale e i rifiuti plastici, per un periodo di 20 anni.

Gli obiettivi del progetto

Niue è uno stato autonomo liberamente associato alla Nuova Zelanda. Su questo territorio, a partire dal 2020, vige il divieto di pesca commerciale ed estrazione di altre risorse nel santuario marino. L’isola di Niue, infatti, ha un legame profondissimo con gli oceani: vive grazie alle risorse del mare.

La pesca è un mezzo di sostentamento per la popolazione locale, anche se ci sono piccole operazioni commerciali su scala ridotta, utili sempre al sostentamento delle persone.

Secondo quanto annunciato dal Premier di Niue, Dalton Tagelagi, l’obiettivo è raccogliere 18 milioni di dollari dal progetto, vendendo 127.000 chilometri quadrati di oceani, corrispondenti al 40% delle acque che formano l’area marina protetta.

Tutti i fondi raccolti grazie a questa iniziativa verranno gestiti dalle Istituzioni di Niue e da Ocean Wide Trust, un’organizzazione no-profit con sede in Nuova Zelanda.

Dalton Tagelagi ha esposto, in un’intervista a Bloomberg, i motivi che lo hanno spinto a progettare questa soluzione. "Siamo stufi di aspettare donatori bilaterali e partner che fanno promesse alle conferenze delle Nazioni Unite e ai grandi forum a cui partecipiamo", ha dichiarato Tagelagi. “Crediamo che, con l’aiuto di organizzazioni imprenditoriali private, filantropi e persone che la pensano come noi, il nostro impegno per conservare gli oceani sarà sufficiente per mantenere la sostenibilità delle nostre risorse.”

I rischi della pesca selvaggia e dell’inquinamento

L’iniziativa di Niue funge da apripista per trovare nuove modalità di protezione degli oceani da minacce come la pesca illegale e l’inquinamento plastico.

La pesca non regolamentata rappresenta una delle più grandi minacce per gli ecosistemi marini, perché distrugge gli habitat naturali, riduce gli stock ittici e rischia di catturare specie protette. Allo stesso modo, la presenza di plastica negli oceani ferisce gli animali che rimangono intrappolati nei pezzi più grandi o ingeriscono questi materiali, sviluppando inquinanti tossici nel loro organismo.

La maggior parte dei Paesi sono ora impegnati attivamente per la lotta contro l’inquinamento dei mari. Con l’obiettivo 14, l’Agenda 2030 punta a ridurre drasticamente entro il 2025 tutti i tipi di inquinamento marittimo e a portare a un livello minimo l’acidificazione degli oceani.

Mari UE, obiettivi e situazione attuale

Alcuni micro-obiettivi legati all’Agenda 2030 dovevano essere raggiunti entro il 2020 ma, ad oggi, la pesca illegale ancora persiste, anche nei mari UE.

L’Unione europea è uno dei principali player mondiali nel settore della pesca, sia in termini di flotta peschereccia (con circa 79.000 navi attive), sia come maggiore importatore di prodotti ittici (il 34 % del commercio totale a livello mondiale in termini di valore). Attualmente l’UE ha un regolamento che disciplina la pesca illegale, ma la Corte ha dichiarato che i regimi di controllo in atto per contrastare questo fenomeno sono efficaci solo in parte. Nonostante attenuino il rischio, i regolamenti perdono di efficacia perché l’applicazione di sistemi di verifica e sanzioni negli Stati UE non è uniforme.

La soluzione è, secondo la Corte, quella di uniformare i controlli e di implementare nuove misure per il controllo della pesca illegale.

Per quanto riguarda, invece, la lotta all’inquinamento plastico, l’UE ha emanato delle leggi per impedire che certi materiali finiscano nei mari, eliminandoli direttamente dal commercio. Infatti, da qualche anno, i Paesi UE hanno il divieto totale di utilizzo di oggetti di plastica monouso di cui esiste una versione alternativa già disponibile sul mercato: cotton fioc, posate, piatti, cannucce, bastoncini mescola bevande e bastoncini da palloncino.


Immagine di copertina: 7inchs, Pexels

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