Ilva: centralità del piano ambientale, ma si rischiano ritardi

Ilva: centralità del piano ambientale, ma si rischiano ritardi

Con il decimo Decreto Legge sull'Ilva intervenuto sul processo di vendita, è stata sottolineata l'importanza del piano ambientale rispetto a quello di sviluppo economico, ma si sono aperte le porte a ulteriori rinvii.

Ci sono nomi e sigle in grado di far tremare. Tra questi, Ilva: per il sito industriale di Taranto che è valso all'Italia un'indagine europea per reati ambientali - tutt'ora in corso - si fatica a immaginare un nuovo futuro, slegato da nefasti ricordi. Questa volta, però, l'attenzione è massima e il piano ambientale sarà centrale nella scelta del progetto di sviluppo industriale. Cosa significa, questo, nella pratica? Con il decimo Decreto Legge sull'Ilva intervenuto sul procedimento di vendita, è stato stabilito che le proposte relative al Piano Ambientale avanzate dai privati avranno maggiore rilevanza rispetto alla proposta economica. Tali Piani verranno giudicati da un comitato di esperti, il quale avrà 120 giorni di tempo dall'insediamento per esprimersi e comunicare agli offerenti la valutazione, dando modo di adeguare l'offerta con le eventuali modifiche necessarie.

 

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A rassicurare il Paese a riguardo è stato il Ministro dello Sviluppo Economico Calenda, il quale ha affermato: “Si dovrà fare un piano industriale che parta dal piano ambientale e non viceversa, perché è inaccettabile che in un Paese moderno ci sia dicotomia tra lavoro e ambiente”. Da esempio nero di produttività ai danni dell'ambiente e della salute dei cittadini, dunque, si guarda addirittura all'Ilva come a un futuro modello di integrazione tra la visione produttiva e quella ambientale, per un rinnovato approccio sostenibile al modello di impresa.

La centralità del piano ambientale per l'Ilva riveste una rilevanza maggiore della sola messa in sicurezza dell'azienda e del suo ripensamento in chiave sostenibile. Con il suo ruolo di primo piano nel settore produttivo italiano, l'azienda può diventaremodello replicabile per le più grandi realtà produttive del Paese. Sottolinea il Ministro Calenda: “L'Ilva non si può mollare, è importantissima come azienda perché ha effetti su tutta la catena produttiva italiana, ma è molto importante per far capire che in Italia si può fare grande industria”. Con il nuovo decreto non mancano però, polemiche e problematiche, in particolare relative al rischio di un considerevole allungamento delle tempistiche. Dal termine fissato a giugno 2017 si è passati alla possibilità di un differimento di 18 mesi per l'attuazione del piano ambientale di risanamento. Tale possibilità può essere messa in atto tramite l'istanza dell'aggiudicatario della procedura.

A riguardo è intervenuto anche il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Carlo De Vincenti: “La proroga è eventuale perché il punto chiave è fare bene le cose e non farle comunque. Il piano ambientale deve essere tale da risanare in modo definitivo quell’area. Significherà una nuova Ilva in una nuova Taranto”. Il rischio, dunque, è che l'orizzonte si sposti più lontano. Ciò che è certo è che non c'è proprio più spazio né tempo per un modello insostenibile e fallace nel tutelare la salute dell'ambiente e delle persone.

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