Cop21: ecco perché segna una svolta epocale
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Cop21: ecco perché segna una svolta epocale

Con un radicale cambio di approccio rispetto alle precedenti Conferenze sul Clima, l'accordo di Parigi potrebbe aver aperto la strada all'ultima possibilità per contrastare l'aumento delle temperature e i danni derivanti dai cambiamenti climatici.

Prosegue il cammino della Cop21, la Conferenza Mondiale sul Clima svoltasi a Parigi, che a novembre cederà il passo alla conferenza delle parti della Cop22 in programma a Marrakech. Su questo percorso si colloca il G7 Ambiente di Toyama, in Giappone, da dove il Ministro dell'Ambiente Galletti ricorda la necessità di passare dalle parole alle azioni concrete. Questo il tweet pubblicato dal Ministro: “Grande intesa al #G7 di Toyama. Trasformare impegni #Cop21 in azioni concrete per riduzione riscaldamento globale”. Poche parole che pongono l'accento sull'urgenza di intervenire in modo pratico e tempestivo. Il momento è cruciale e la Cop21 ha segnato un momento di svolta. Il perché lo ha spiegato molto chiaramente l'ingegnere ambientale Stefano Caserini nel corso della più recente edizione di Bioenergy, la fiera di riferimento nel campo delle biomasse e delle energie rinnovabili.

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La Conferenza di Parigi ha costituito un punto di svolta, una chiara presa di coscienza da parte delle autorità internazionali come mai era avvenuto prima. Basti fare un confronto con il Protocollo di Kyoto: redatto nel 1997, l'accordo venne firmato da 6 Paesi e non venne mai ratificato, entrando in vigore soltanto a sette anni di distanza. Soltanto nel 2013 il conteggio è salito a 192. Dei 198 Paesi presenti a Parigi, invece, 140 hanno prontamente firmato il documento sottoscrivendo il proprio impegno e l'entrata in vigore è prevista entro la fine del 2016”.
L'impegno è quello di limitare l'aumento delle temperature a 1.5 gradi medi rispetto al livello pre-rivoluzione industriale, tenendo conto di un dato fondamentale: un aumento superiore ai 2 gradi comporterebbe danni di natura irreversibile con effetti duraturi nei prossimi secoli. “Ciò che facciamo oggi - sottolinea il professor Caserini - influenzerà secoli e secoli futuri. Nei prossimi 30 anni determineremo il futuro del pianeta”.

La Cop21 segna un passaggio cruciale anche per il suo storico cambiamento di approccio: da “top-down” a “bottom-up”.In altre parole, si è passati dalla discussione di impegni vincolanti a contributi nazionali volontari, con l'apertura alle proposte di impegno da parte dei singoli Stati, con l'obiettivo di rendere l'accordo più facilmente raggiungibile. Così è stato, in realtà, solo in parte: Parigi ha dovuto far fronte a negoziati difficili, con contributi volontari sufficienti ad attestare l'aumento delle temperature ad una media di 3.5 gradi: davvero troppo poco per preservare il nostro futuro e quello del pianeta. Conferma Caserini: “È positivo l'impegno di enti, città, Regioni, associazioni, investitori e Università che hanno scelto di dare il proprio contributo. Ciò che è stato fatto finora, però, non basta: serve uno sforzo imparagonabile rispetto al passato”. A novembre, a Marrakech, la prossima occasione per correggere il tiro.

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