Greenwashing e comunicazione di prodotto: obiettivo no slogan
Sostenibilità

Greenwashing e comunicazione di prodotto: obiettivo no slogan

Immagine: Brian Yurasits, Unsplash

La Commissione Europea ha presentato il 22 marzo 2023 una proposta di Direttiva per il greenwashing. Il documento arriva dopo la presentazione di un gruppo di richieste a tutela dei consumatori e con l’obiettivo di salvaguardare la buona comunicazione della sostenibilità.

La proposta “Green Claims”, pubblicata il 22 marzo, mira a stabilire un insieme di indicazioni per contrastare la condivisione, da parte delle aziende, di informazioni non verificate relative ai prodotti e alle etichette ambientali. L’obiettivo è tutelare il consumatore nelle scelte di acquisto, ma anche creare un mercato, e quindi una concorrenza, leale e trasparente.

Analizzando la proposta, tra i principali ambiti di intervento vi sono:

  • No slogan e dichiarazioni verdi: saranno sottoposte ad un rigido controllo tutte quelle dichiarazioni come “prodotto ocean friendly” o “prodotto con plastica riciclata”, “impatto ambientale zero” che, esplicitando risultati, o riduzioni di consumo energetico nelle fasi di produzione, non possano dimostrarne l’attendibilità scientifica. Le aziende che continueranno a comunicare con questa modalità saranno sanzionate.

Considerando la complessità del comparto, da queste indicazioni sono escluse le autodichiarazioni disciplinate da norme già esistenti dell'UE, come il marchio Ecolabel UE o il logo degli alimenti biologici, in quanto la legislazione ne garantisce già l'affidabilità.

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  • Dimostrabilità delle informazioni: uno studio della Commissione del 2020, aveva riscontrato che il 53,3% delle dichiarazioni ambientali analizzate erano risultate "vaghe, fuorvianti o infondate" e che il 40% era "del tutto infondato". Queste autodichiarazioni, purtroppo, sono anche il risultato di una lacuna normativa che non disciplina questa tipologia di comunicazione aziendale. Infatti, la proposta richiede che le informazioni siano verificate da un ente terzo, indipendente, e che i dati siano scientificamente dimostrabili; il processo di verifica e adattamento alle nuove direttive approvate sarà una responsabilità dei singoli Stati Membri.

Inoltre, in base a quanto dichiarato dalla Commissione, in fase di analisi scientifica, le aziende dovranno compiere un ulteriore sforzo di ricerca, ossia identificare gli impatti che hanno davvero rilevanza per i propri prodotti ed evitare di fornire informazioni aggregate degli impatti ambientali.

  • Marchi ambientali: secondo la Commissione oggi esistono oltre 230 marchi autodichiarati. La proposta, dunque, è quella di disciplinare tale bulimia promuovendo sistemi di etichettatura “europei”, sviluppati direttamente dell’UE, e non di natura privata. Nel caso in cui si verifichi la nascita di iniziative di etichettatura privata, queste dovranno dimostrare di perseguire obiettivi ambientali prima di essere approvate e utilizzabili.

Lo sforzo che la Commissione sta compiendo per tutelare i consumatori e scoraggiare comportamenti e strategie di comunicazioni fuorvianti è sicuramente importante ed ha incontrato il consenso delle principali associazioni ambientaliste. Inoltre, per tentare di regolare con un respiro più ampio la sostenibilità delle aziende, la Commissione ha pubblicato, a corredo della proposta, la Proposal for a Directive on common rules promoting the repair of goods. L’intento è incentivare un approccio circolare ai prodotti, semplificandoli e aumentandone la riparabilità.

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