Zero Waste Europe: rinunciare all’usa e getta? Si può fare
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Zero Waste Europe: rinunciare all’usa e getta? Si può fare


Foto di Artem Labunsky su Unsplash


In un recente report, Zero Waste Europe sfata i falsi miti sull'impossibilità di rinunciare all'usa e getta.

Rinunciare all'usa e getta è possibile, oltre che necessario per intraprendere con qualche speranza una reale battaglia contro l'abuso di plastica e, in generale, del packaging monouso. Un abuso i cui effetti sono sotto gli occhi di tutti, dai Garbage Patch nei principali oceani ad accumuli più familiari alle nostre latitudini: dalle spiagge insudiciate da rigurgiti marini intrisi di rifiuti, ai canali di scolo o ai più dignitosi cassonetti, straripanti di scarti nei giorni di raccolta. Sulla scia del dibattito aperto dalla proposta di revisione del regolamento della Commissione europea per la riduzione degli imballaggi, Zero Waste Europe ha realizzato un report - “Debunking common myths about food hygiene, food waste, and health concerns related to reusable packaging” - mirato a sfatare i principali (falsi) miti che hanno impedito finora di rinunciare all'usa e getta e di revisionare seriamente gli attuali, insostenibili sistemi di consumo.

I principali miti sull'usa e getta

Nel dibattito attorno all'iniziativa europea-volto a una riduzione dei rifiuti da imballaggio e dell'uso delle risorse- i principali produttori di packaging di cibi hanno sostenuto alcune tesi, orientate a preferire l'usa e getta ai contenitori riutilizzabili.

Le più comuni riguardano l'igiene alimentare, la salute e lo spreco alimentare. Proprio su queste false credenze si è concentrata l'analisi di Zero Waste Europe, che le ha metodicamente confutate attingendo a recenti studi e ai dati in essi contenuti. 

Mito 1: l'imballaggio monouso riduce lo spreco alimentare

“I produttori di imballaggi hanno ripetutamente affermato che imballaggi monouso, piccole porzioni e confezioni di verdure aiuterebbe a ridurre gli sprechi alimentari” si legge nel report.

Per ribattere all'affermazione, l'organizzazione cita il recente studio dell’UNEP “Single-use supermarket food packaging and its alternatives: Recommendations from Life Cycle Assessments”, secondo il quale “ovunque il tipo di cibo lo consenta, gli alimenti dovrebbero essere venduti non imballati o in imballaggi riutilizzabili”. Queste soluzioni vengono quasi sempre definite preferibili, dal punto di vista ambientale, al cibo in confezioni monouso. Inoltre, i dati mostrano come lo spreco alimentare- dovuto a cattive abitudini di acquisto eccessivo, preparazione e conservazione del cibo, sia indipendente dalla presenza di un imballaggio aggiuntivo. Nelle famiglie dell’Unione Europea, infatti, gli sprechi alimentari e i rifiuti di imballaggi in plastica sono aumentati parallelamente negli ultimi due decenni. 

Mito 2: l'imballaggio monouso protegge la nostra salute

Prove crescenti mostrano che molti packaging monouso a contatto con gli alimenti- realizzati in plastica, carta e cartone-pongono rischi diretti per la salute dei consumatori perché possono contenere centinaia di sostanze dannose o potenzialmente dannose che, migrando dal cibo, finiscono nel corpo del consumatore. Sarebbero 388 i diversi prodotti chimici potenzialmente presenti negli imballaggi per alimenti a essere classificati come prodotti chimici dannosi secondo la Strategia per la sostenibilità delle sostanze chimiche (CSS) dell'UE perché potenzialmente cancerogene, mutagene e tossiche. L'esposizione giornaliera ripetuta a tali sostanze chimiche - riporta lo studio - possono contribuire a gravi rischi per la salute umana come diminuzione della fertilità, obesità, diabete, tumori ormonali.

Zero Waste Europe approfitta per sottolineare, inoltre, che il riciclaggio degli imballaggi monouso non può essere considerato una soluzione praticabile per la lotta ai rifiuti, anche a fronte dei rischi sanitari collegati al processo e ai suoi risultati, spesso ancora sottovalutati.

Mito 3: i contenitori riutilizzabili non sono igienici

Il terzo mito nel mirino di Zero Waste Europe riguarda la scarsa igiene legata ai contenitori riutilizzabili (packaging di proprietà di un’impresa, che ne organizza la distribuzione, la restituzione, la raccolta, l'igienizzazione, la redistribuzione) e riutilizzati (gli imballaggi di proprietà dei consumatori, ricaricati direttamente in negozio).

Secondo il rapporto, il problema non è significativo, a fronte di una legislazione sull’igiene alimentare (regolamento CE 852/2004) già attualmente in vigore, che regola tra gli altri aspetti di igiene delle imprese alimentari anche la pratica del riuso.

D'altro canto- continuano gli autori- esiste in tutto il mondo una consistente tradizione di imballaggi riutilizzabili per il trasporto di latte, latticini, cereali, carni, pesce, frutta e verdura, che rende la pratica tutt'altro che una novità.

Mito 4: riciclare risolverà il problema dei rifiuti

Per quanto riguarda il tema del riciclaggio, ZWE si focalizza innanzi tutto sui limiti della soluzione:  i livelli attuali di utilizzo delle risorse, anche quando si spinge il riciclaggio e la decarbonizzazione all'estremo, sono incompatibili con l'agenda per il clima.

Innanzi tutto, la maggior parte delle statistiche disponibili sulla riciclabilità degli imballaggi è imprecisa, in quanto non rispecchiale reali condizioni del settore e varia notevolmente tra i Paesi. Maggiore è il mix di materiali all'interno dell'imballaggio, inoltre, minore è la qualità complessiva del materiale riciclato.

Attualmente, la maggior parte degli imballaggi monouso immessi nell'UE mercato è composto di diversi materiali e/o strati che non possono essere riciclati insieme. La presenza di molte sostanze chimiche negli imballaggi insieme agli avanzi di cibo, inoltre, ostacola il riciclaggio. Ne consegue che, nel caso delle plastiche, dei 79 tipi disponibili sul mercato, solo pochissimi polimeri vengono effettivamente riciclati, tanto che ad oggi, l’Europa ha raggiunto un tasso complessivo di riciclaggio della plastica del 23%.

Infine, le statistiche non tengono conto dello smaltimento inappropriato (littering), mentre sono inclusi gli imballaggi inviati al di fuori del territorio dell’Ue, dove tracciabilità e corrette procedure di riciclo non possono essere garantite.

Se a questo si aggiungono i dati emersi da alcuni studi, secondo cui il riciclo della plastica- anziché essere una soluzione- aggrava il problema dell'inquinamento a più livelli, appare chiaro come trovare opzioni alternative alle strategie attuali sia necessario e prioritario. 

La misura proposta dall'UE

La revisione del regolamento della Commissione europea per la riduzione degli imballaggi, attualmente in discussione, pone l'obiettivo di ridurre i rifiuti da imballaggio del 15% pro-capite in ciascun Paese europeo entro il 2040.

Secondo un dato diffuso dalle Nazioni Unite, circa un terzo di tutta la plastica utilizzata a livello globale è ad uso di imballaggio. Di questi, è un terzo a finire disperso nell'ambiente.

Così, per trasformare i propri obiettivi di riduzione in realtà, la Commissione propone che il 20% delle vendite di bevande take-away prevedano il passaggio agli imballaggi riutilizzabili o ai contenitori dei clienti, per arrivare all’80% nel 2040. Tra le varie misure, il provvedimento- che non incontra il favore del Governo italiano-potrebbe vietare le confezioni monouso in bar e ristoranti e intende eliminare gradualmente le sostanze nocive presenti nei packaging. 

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