Plastica ed energia: un rapporto indispensabile per l’ecosistema?
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Plastica ed energia: un rapporto indispensabile per l’ecosistema?

L’utilizzo della plastica come fonte di energia è un argomento che fa molto discutere. Le posizioni degli esperti attorno al tema sono contrastanti: a una serie di pro corrispondono altrettanti contro.

Secondo alcune stime pubblicate dal Forum economico mondiale entro i prossimi vent'anni dobbiamo aspettarci un raddoppio dei livelli di produzione di plastiche. Questo non può essere certamente considerato come un dato utile soltanto al fine di indagini e statistiche, quanto più per evidenziare un problema concreto di entità globale grave a cui è necessario porre rimedio. Negli ultimi anni si sono moltiplicate le iniziative mirate al taglio dell’uso delle plastiche per tutti quei prodotti di impiego comune, quali imballaggi e stoviglie monouso, ad esempio, promuovendo in alternativa l’utilizzo di materiali di origine organica compostabili

Tuttavia tali azioni non sono sufficienti per contrastare il potenziale inquinante della plastica che, si sa, impiega centinaia di anni per auto smaltirsi. Va da sé quindi che l’utilizzo di materiali sostenibili può essere una soluzione parziale soltanto per le produzioni attuali, di certo non per la plastica prodotta dalla sua invenzione a oggi. Per quanto possa suonare strano ai più, una delle soluzioni più quotate attualmente dagli esperti in materia è l’utilizzo dei rifiuti plastici come fonte di energia attraverso la combustione. Il principio su cui si fonda questa idea è il fatto che la plastica, come il petrolio, sia composta da idrocarburi e contiene oltretutto un potere energetico superiore a quello del carbone.

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In effetti gli inceneritori dei grandi impianti di combustione della plastica sono dotati di particolari sistemi di filtraggio e depurazione in grado di abbattere le emissioni di inquinanti nocivi per l’uomo e l’ambiente, quali diossina e metalli pesanti, e hanno una capacità produttiva sufficiente per fornire energia a migliaia di famiglie e abitazioni. Fino a qui potrebbe sembrare tutto perfetto, ma analizzando lo scenario più ad ampio raggio è facile riconoscere anche i punti deboli di questa filiera.

Un primo problema è l’ubicazione degli inceneritori: le città più avanzate non ne accetterebbero certo la presenza nelle zone limitrofe. Conseguentemente gli impianti sarebbero costruiti nelle aree in via di sviluppo con meno potere contrattuale e che potrebbero anzi accettare di buon grado per godere dei vantaggi, ma allo stesso tempo danneggiando ancora di più un ecosistema già poco tutelato.

Un altro problema lo si avrebbe in tutti quei Paesi in cui le leggi ambientali non sono poi troppo rigide, in cui i governi potrebbero decidere di tagliare sui controlli delle emissioni. A tutto ciò occorre aggiungere che l’utilizzo di rifiuti plastici come fonte di energia fornirebbe un forte incentivo al loro impiego anche in quei settori per i quali si sta cercando da anni di sostituire la plastica con materiali più sostenibili.

Per quanto interessante l’utilizzo della plastica come fonte di energia non sembra la strada più efficace da seguire affinché si possa davvero raggiungere il cambiamento che ci si auspica. La combustione della plastica, anche se gli impianti fossero in grado di contenere i gas nocivi, rilascerebbe comunque grandi quantità di CO2 in atmosfera e, per la lotta al cambiamento climatico, non è certo un vantaggio. Inoltre, considerando le terribili condizioni in cui versano gli oceani, viene naturale pensare che l’unica via per evitare lo smaltimento irresponsabile e scorretto dei rifiuti plastici sia un radicale taglio della loro produzione.

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