Nuove direttive europee sui rifiuti, politica italiana chiamata ad agire
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Nuove direttive europee sui rifiuti, politica italiana chiamata ad agire

L’Europa ha stabilito nuove direttive e nuovi obiettivi per la gestione dei rifiuti: si delineano i primi passi per la costruzione di una reale economia circolare. L’economia circolare, da teoria a realtà: siamo davvero arrivati al momento del grande salto? Probabilmente un’affermazione del genere sarebbe prematura, ma l’Europa ha dato segno di intraprendere in modo concreto questa strada. Il Parlamento Europeo ha approvato quattro Direttive, a lungo dibattute, per incentivare il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità attraverso azioni che favoriscano al contempo la crescita economica.

  • Far risparmiare alle aziende 600 miliardi all'anno;
  • Creare 140mila nuovi posti di lavoro;
  • Tagliare di 617 milioni di tonnellate le emissioni di C02

Entro il 2035, con effetti sul Pil tra l’1 e il 7% all’anno: questi sono i risultati attesi dall’applicazione delle quattro direttive che interessano il riciclo dei rifiuti, la gestione degli imballaggi, il trattamento dei rifiuti da batterie, la gestione dei componenti elettrici ed elettronici e infine le discariche. 

Priorità assoluta dovrà essere riservata alla fase iniziale della filiera dei rifiuti, prevenendone la creazione. In secondo luogo si dovrà privilegiare il loro recupero, attraverso il riciclo e la termovalorizzazione, mentre la discarica dovrà essere utilizzata il meno possibile, idealmente soltanto per tutti quei rifiuti non recuperabili in alcun modo. In tutta Europa si dovranno inoltre istituire dei consorzi da parte dei produttori di imballaggi, con il compito di occuparsi del riciclo, proprio come già avviene in Italia.

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Le direttive stabiliscono inoltre nuovi target per il recupero di rifiuti da riciclare: si tratta del 55% nel 2025, 60% nel 2030 e 65% nel 2035. È stato inoltre introdotto uno specifico obiettivo legati allo spreco alimentare, che dovrà ridursi del 30% entro il 2025 e del 50% entro il 2030. La produzione di rifiuti marini, invece, ha come obiettivo l’azzeramento.

Se è vero che l’Italia nel campo del riciclo è un esempio virtuoso in Europa, con buoni numeri relativi a ogni materiale, è altrettanto vero che la gestione dei rifiuti comporta ancora sfide difficili delle quali la politica nazionale deve farsi carico. I dati raccolti nel Green Book 2018, lo studio realizzato per Utilitalia dalla Fondazione Utilitatis, ne danno conferma: la raccolta differenziata ha raggiunto il 52,5% nel 2016 ma, mentre il Nord arriva a quota 64%, al centro (48,6%) e al sud (37,6%) la raccolta differenziata ha urgenza di miglioramenti.

La ripresa della crescita della quantità di rifiuti urbani non aiuta: dal 2016, infatti, gli scarti hanno ricominciato a crescere, dopo un progressivo calo a partire dal 2011. Intanto, il Tar del Lazio ha bloccato la costruzione di otto nuovi inceneritori e il parere ora è nelle mani dei Giudici europei.

Con la chiusura delle frontiere ai rifiuti da parte della Cina a partire da gennaio 2018 per oltre 20 tipi di rifiuti, la situazione si è complicata ulteriormente. Non c’è più tempo per la politica italiana di guardare ai buoni risultati e rimandare la soluzione delle criticità: una strategia nazionale chiara è ormai necessaria, pena una nuova emergenza rifiuti. 

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