Novaledo, l’impianto a biogas e i cittadini dimenticati
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Novaledo, l’impianto a biogas e i cittadini dimenticati

Il caso Menz & Gasser rivela quanti passi ancora vi siano da fare per una gestione sostenibile dei territori che coinvolga le comunità locali.

Novaledo è un Comune di appena un migliaio di abitanti, ma il suo nome ultimamente è balzato più volte all'attenzione della cronaca nazionale. In questo piccolo centro della Valsugana si susseguono i dibattiti e le proteste contro la decisione dell'azienda Menz & Gasser, tra i principali produttori europei di marmellata, di realizzare un impianto a biogas per l'autonomia energetica.

Il progetto rientra all'interno di un più ambizioso piano di ampliamento, che dovrebbe portare l'azienda al raddoppio dell'attuale stabilimento e alla creazione di 30 nuovi posto di lavoro, accanto ai 207 già presenti. Nelle intenzioni, non manca la collaborazione con le comunità locali: delle 18mila tonnellate di biomassa vergine che l'impianto dovrebbe consumare su base annuale, il 70% proverrà da una segheria del luogo, per una filiera corta in grado di abbattere costi e consumi del trasporto.

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In programma vi sono anche accordi con organizzazioni agricole per l'uso dei terreni incolti presenti nei pressi dell'impianto, al fine di coltivarvi l'herbal crops per l'alimentazione dell'impianto a biomassa, a vantaggio anche degli agricoltori.

Tali informazioni non bastano, però, a placare le ire della comunità locale, le cui preoccupazioni convergono sui rischi di inquinamento ambientale e di sfruttamento insostenibile delle risorse: uno scontro che non è nuovo sul tema, ma che apre le porte ad una riflessione più ampia sulla gestione sostenibile dei territori.

Delle vicende in atto a Novaledo, a colpire in modo particolare è la mancanza di un percorso di coinvolgimento della comunità locale sin dagli esordi, ovvero dalla presentazione del progetto: la notizia dell'approvazione è stata resa nota soltanto con mesi di ritardo, mentre è mancata del tutto la ricerca di un confronto ufficiale da parte dell'amministrazione locale con i cittadini, per la presentazione e la discussione del progetto. Dal canto suo, l'azienda ha mantenuto la stessa linea di comportamento, evitando dichiarazioni ufficiali fino all'accendersi delle proteste.

Anche in questo caso, siamo di fronte ad un modo d'agire non certo insolito, ma che sempre più si palesa come insostenibile. Se la gestione sostenibile dei territori è responsabilità dei singoli tanto quanto delle istituzioni, come è possibile che ancora sia percepito come non necessario il coinvolgimento delle comunità locali nei processi decisionali?

Probabilmente escludere è più semplice che informare, generare consapevolezza e mediare nella ricerca di un percorso comune. Trenta nuovi posti di lavoro e una comunità ignorata: è davvero questo che significa "responsabilità sociale"?

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