La CSR nell’era digital: intervista a Sara Brandimarti – TÜV Italia srl
Sostenibilità

La CSR nell’era digital: intervista a Sara Brandimarti – TÜV Italia srl

Lo scorso 11 dicembre presso la sede UNICOM di Milano si è svolto un interessante seminario in merito alla CSR e a quanto questa si stia sempre più avviando nell’era digital.

Abbiamo avuto l’occasione di parlarne con Sara Brandimarti, CSR Product Manager Europe di TÜV Italia, filiale del Gruppo TÜV SÜD, ente indipendente di certificazione, ispezione, testing, collaudi e formazione.

Con Sara abbiamo potuto approfondire alcune tematiche trattate nella sua presentazione (link al video).

Come sono cambiati i valori delle aziende nel tempo?

Le organizzazioni sono sempre più consapevoli dell’importanza che i temi sociali e ambientali hanno assunto agli occhi dei consumatori, per i quali oggi la qualità del prodotto e del servizio sono caratteristiche date per acquisite. E’ la capacità dell’organizzazione, con i suoi processi decisionali controllati e trasparenti, a rafforzare questo legame di fiducia. Da qui ne deriva che l’organizzazione deve approcciare il modello di fare impresa con gli occhi delle parti interessante, mettendo a punto ed attuando un sistema di controllo che prevenga potenziali rischi reputazionali.

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Un'azienda che inizia a dedicarsi alla tematica della CSR da dove deve partire? Da quali aree e secondo quale principio?

Il principio di rilevanza, conosciuto tecnicamente come “materiality”, è il cardine di ogni decisione aziendale, insieme alla consapevolezza degli impatti dei suoi processi verso le parti interessate. Conseguentemente le imprese dovranno sviluppare un proprio modello socialmente responsabile, coerente con i processi aziendali, la governance e la strategia di medio - lungo periodo. Dal 2010, esistono delle linee guida internazionali che supportano le organizzazioni nel compiere scelte coerenti e paragonabili in ambito CSR.

Le aree strategiche da analizzare sono: la Governance, i Diritti Umani, come per esempio l’impatto sui gruppi vulnerabili; le Pratiche del Lavoro, ossia la garanzia di salari minimi, il non utilizzo di lavoro minorile e la garanzia della salute e sicurezza sul lavoro; l’Ambiente, con l’analisi degli effetti sul territorio e le azioni per mitigare gli impatti sul suolo, sull’acqua e sull’aria dell’attività dell’azienda; le Pratiche Operative Oneste, ossia la capacità dell’azienda di fare business, apportando valore all’interno della propria catena di fornitura, avendo un programma anticorruzione etc; le tematiche collegate ai Consumatori e alla trasparenza nella relazione con loro, sia in merito alla sicurezza dei prodotti, sia come tutela della proprietà dei dati; per arrivare all’ultimo capitolo, non meno rilevante, di Territorio e Comunità, in cui si suggerisce di analizzare l’influenza dell’organizzazione sui territori dove essa opera e l’opportunità di creare valore condiviso.

Quali norme sono a supporto dell'azienda nella gestione della propria Responsabilità Sociale d'Impresa?

Nel corso del tempo sono nati standard internazionali relativi ai sistemi di gestione legati a temi specifici quali la salute e sicurezza (OHSAS 18001), l’ambiente (ISO 14001) e l’energia (ISO 50001,) oltre alla norma legata alla protezione del lavoro e dei lavoratori (SA8000®).

Dopo 6 anni di intenso lavoro da parte di un tavolo multistakeholder internazionale, nel 2010 è nata la ISO 26000, la prima linea guida in ambito CSR che include al suo interno tutti i temi fondamentali descritti in precedenza, che l’organizzazione dovrebbe trattare per definirsi socialmente responsabile.

Perché un “punto di vista esterno” può essere un elemento d'aiuto per la CSR?

Per evitare l’autoreferenzialità, per dare valore aggiunto ai processi decisionali aziendali attraverso un punto di vista indipendente.

Le certificazioni, che prevedono il rilascio di un certificato, oppure i protocolli di verifica collegati alla politica CSR delle aziende, servono alle aziende per stimolare un percorso di miglioramento continuo, prevenire situazioni potenzialmente critiche e, conseguentemente, abbassare il proprio rischio reputazionale.

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