I viaggi che non ti aspetti, le rotte globali dei rifiuti in plastica
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I viaggi che non ti aspetti, le rotte globali dei rifiuti in plastica

Il rapporto di Greenpeace “Le rotte globali, e italiane, dei rifiuti in plastica” effettua un'analisi in merito al commercio mondiale dei rifiuti in plastica. Oltre a studiare import ed export, il report evidenzia le nuove rotte globali, con un focus specifico sulla situazione italiana.

Rifiuti in plastica: quasi inevitabile produrli, difficile che ci si chieda dove vanno a finire dopo essere diventati tali. Il rapporto Le rotte globali, e italiane, dei rifiuti in plastica, reso pubblico da Greenpeace lo scorso 23 aprile, effettua un'analisi accurata in merito al commercio mondiale dei rifiuti in plastica.

Il report prende in esame il mercato dei 21 maggiori Paesi esportatori e dei 21 maggiori importatori nel periodo compreso tra gennaio 2016 e novembre 2018. Oltre a studiare la situazione import-export di materie plastiche riconducibili al codice doganale 3915 (scarti di lavorazione, cascami, rifiuti industriali e avanzi di materie plastiche), il documento evidenzia le nuove rotte globali, con un focus specifico sulla situazione italiana.

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Il Belpaese risulta tra i maggiori esportatori, collocandosi lo scorso anno all’undicesimo posto, con un quantitativo di poco inferiore alle 200mila tonnellate. Sul territorio non ci sono abbastanza impianti per gestire la spazzatura prodotta, che prende così la via dell’estero. Tra le principali destinazioni dei rifiuti italiani, oltre a nazioni europee come Austria, Germania, Spagna, Slovenia e Romania, figurano la Malesia (nel 2018 le importazioni sono aumentate del 195,4 per cento rispetto al 2017), la Turchia (+191,5 per cento rispetto al 2017), il Vietnam, la Thailandia e lo Yemen.

Si tratta di nuove rotte, identificate in seguito a un forte, improvviso stravolgimento del mercato mondiale dei rifiuti in plastica. Il sistema di riciclo su scala globale ha, infatti, subito un forte choc e una conseguente riorganizzazione forzata  dopo che, nell'estate del 2017, la Cina ha deciso un bando all’importazione di rifiuti in plastica.

Da quel momento, nonostante nel 2018 le esportazioni mondiali siano nettamente calate fino a raggiungere la metà dei volumi registrati nel 2016, nuovi Paesi (non dotati di regolamentazioni ambientali rigorose) sono diventati le principali destinazioni dei rifiuti occidentali. Eppure, secondo il Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 giugno 2006, n.1013, i rifiuti che escono dall’Europa possono  essere esportati solo in Paesi in cui saranno trattati secondo norme equivalenti a quelle europee per rispetto dell’ambiente e della salute umana.

Sono all’ordine del giorno le notizie che riportano sia interruzioni e problematiche nei sistemi locali di raccolta, riciclo e gestione dei rifiuti, che l’invio di materiali riciclabili in discariche, inceneritori ed esportazione illegale. In Italia, parallelamente a queste problematiche, è opportuno evidenziare il crescente fenomeno dei roghi di depositi di rifiuti, principalmente in plastica, molto spesso riconducibile all’eccedenza di tali materiali”, si legge nel rapporto Greenpeace. Ancora una volta, dunque, si privilegia il tornaconto economico rispetto alla sicurezza ambientale e alla salute pubblica. Un motivo in più per eliminare il problema alla radice, e preferire la riduzione a monte piuttosto che il riciclo a valle.

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