La seconda vita della moda: recupero, riuso, riciclo di abiti e accessori
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La seconda vita della moda: recupero, riuso, riciclo di abiti e accessori

Cosa fare con gli abiti e gli accessori che non servono più? Le alternative alla discarica sono molte: dalla semplice raccolta differenziata al riciclo creativo, dal riuso al baratto, dal mercato dell'usato alla condivisione online.

Si sono spenti da poco i riflettori sulla Settimana della Moda di Milano, in passerella dal 17 al 22 settembre per presentare agli appassionati le prossime collezioni di marchi storici e nuove firme. Una fucina di desideri, che trova un contraltare nell'approssimarsi del tanto temuto cambio di stagione, occasione in cui gli indumenti vengono sottoposti ad esame per vedere confermata o meno la propria presenza in armadi spesso ricolmi. Quale pretesto migliore, dunque, per una riflessione sul destino da riservare ai capi di abbigliamento usati?

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Il forte impatto ambientale di uno smaltimento non corretto è bilanciato dal dato che circa il 95% dei prodotti tessili possa, d'altra parte, essere riutilizzato o riciclato. Alla luce di ciò, negli ultimi anni sono state avviate iniziative per evitare ad abiti e accessori un destino tanto triste quanto nocivo.

Il consorzio CONAU dal 2008 si occupa della raccolta e del riciclo dei rifiuti tessili sul territorio italiano, tramite appositi cassonetti posizionati in punti strategici di eco-centri e centri urbani.

Ma non mancano le proposte da parte di imprese internazionali: una per tutte, I:Collect, organizzazione nata con l'intento di creare una rete mondiale per il recupero di abbigliamento e scarpe tramite il collocamento di raccoglitori presso gli stessi punti vendita in cui i clienti si recano per i loro acquisti. Il programma, lanciato in Europa e USA tre anni fa, ha potuto contare sin dagli esordi sull'adesione di marchi come Levi Strauss & Co., H&M, PUMA e America Eagle. L'incentivo? Buoni sconto da spendere nei negozi. I risultati? 700 tonnellate di oggetti raccolti ogni giorno in oltre 90 paesi e “reinvestiti” nel settore tessile, nell'edilizia e nell'industria automobilistica.

Tuttavia il riciclo non è l'unica strada, né la più efficace per limitare al massimo l'impatto di abiti e accessori dismessi sull'ambiente: anche per questa categoria di rifiuti, la chiave sta nella prevenzione.

Ed ecco che la crisi economica, unita a una provvidenziale miscela di etica e buonsenso, ha permesso il proliferare di soluzioni: il mercato dell'usato si diffonde anche online, così come le opzioni che non prevedono passaggio di denaro. Portali come Zerorelativo e Reoose sono solo alcuni esempi di siti di baratto, corrispettivi permanenti e digitali degli swap party, veri e propri eventi sociali che permettono lo scambio di prodotti, fra cui i capi di abbigliamento.

Allo stesso modo, imperversa il fenomeno del fai-da-te e del riciclo creativo: da attività quasi dimenticata, il cucito torna alla ribalta, supportato da trasmissioni televisive, blog e tutorial su internet che insegnano come recuperare tessuti e indumenti, trasformandoli in qualcosa di nuovo.

Tutte valide alternative alla pattumiera per oggetti che spesso meritano una seconda possibilità.

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