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Oggi viene pubblicato il contributo di ASLA.

Il contributo di oggi è stato fornito dall’Avv. Maria Cristina Breida - EY Studio Legale Tributario.

Con la sentenza 2 maggio 2022, n. 3424, il Consiglio di Stato prende nuovamente posizione sulla questione della possibilità di imporre, in capo al proprietario incolpevole di un terreno inquinato, misure di prevenzione e messa in sicurezza di emergenza.

Il Consiglio di Stato ribadisce quanto statuito dal TAR Brescia nella pronuncia impugnata, affermando che le misure di prevenzione e le misure di messa in sicurezza d’emergenza possono essere legittimamente imposte anche al proprietario incolpevole della contaminazione.

A sostegno della decisione resa, il Collegio rileva che l’impossibilità di imporre le opere di bonifica al proprietario di un terreno inquinato non responsabile del relativo inquinamento è stata affermata sulla scorta della sentenza della Corte di Giustizia UE sez. III 4 marzo 2015 C-534-13, resa a seguito di ordinanza di rinvio pregiudiziale dell’Adunanza Plenaria Consiglio di Stato. Nella decisione in questione, la Corte di Giustizia aveva escluso che fosse in contrasto con la direttiva 2004/35/CE in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale la normativa interna la quale “prevede, nell’ipotesi in cui sia impossibile individuare il responsabile della contaminazione di un sito o ottenere da quest’ultimo le misure di riparazione, non consente all’autorità competente di imporre l’esecuzione di misure di prevenzione e di riparazione al proprietario di tale sito, non responsabile della contaminazione.”

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Tale assunto è stato peraltro precisato dalla giurisprudenza nazionale successiva la quale ha puntualizzato che il divieto di imporre misure di bonifica al proprietario non responsabile della contaminazione si giustifica con la natura sanzionatoria di tale misura. Diversamente invece le misure di messa in sicurezza di emergenza, così come le misure di prevenzione, non hanno natura sanzionatoria, ma sono imposte dal principio di precauzione e da quello correlato dell’azione preventiva e gravano quindi sul proprietario o detentore del sito da cui possono scaturire i danni all’ambiente per il solo fatto che egli è tale, senza necessità che ne siano accertati il dolo o la colpa.

La decisione in esame conferma l’orientamento espresso dal Consiglio di Stato in modo costante successivamente alla prima pronuncia del 2016 (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 26 febbraio 2021, n. 1658, Id., sez. VI, 3 gennaio 2019, n. 81, Id. sez. V, 8 marzo 2017, n. 1089. In senso difforme cfr. TAR Lombardia, Sez. I, - Brescia, 5 febbraio 2021, n. 123; Id., Lombardia, 6 marzo 2020, n. 202).

La decisione si segnala anche in quanto opera una sintetica ricognizione, ribadendoli, degli orientamenti da ultimo espressi dal Consiglio di Stato in tema di discrezionalità delle valutazioni rimesse alle autorità preposte alla tutela dell’ambiente dall’inquinamento, sindacabili nei soli casi di risultati abnormi o evidentemente illogici o contraddittori (cfr. per tutte, Cons. Stato, sez. II, 7 settembre 2020, n. 5379), nonché del criterio applicabile all’accertamento del nesso di causalità in materia ambientale, ribadendo che esso si fonda sul principio del “più probabile che non” ovvero richiede che il nesso eziologico ipotizzato dall’autorità competente sia più probabile della sua negazione (cfr. per tutte Cons. Stato, Ad. Plen. n. 10/2019 e Cons. Stato, Sez. IV, 7 gennaio 2021, n. 172).

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