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Sono 67 le aree idonee identificate dalla società di smaltimento di impianti nucleari SOGIN per ospitare il deposito nazionale per i rifiuti radioattivi e il parco tecnologico, dislocate in Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna.
La SOGIN, la società italiana responsabile dello smaltimento degli impianti nucleari, ha recentemente trasmesso al ministero della Transizione ecologica la proposta di Carta nazionale delle aree idonee (Cnai), ossia la mappa aggiornata delle località che potrebbero ospitare il Deposito nazionale per i rifiuti radioattivi e il parco tecnologico. Ne sono state identificate 67 in totale, disposte su un territorio di sei regioni le quali, tuttavia, non hanno dato la loro disponibilità.
La consultazione pubblica
Secondo la SOGIN, quella intrapresa per identificare i siti è stata forse il più grande esempio di consultazione pubblica italiana, avviata come strategia di Paese il 5 gennaio 2021 con la pubblicazione della proposta di CNAPI e conclusa il 14 gennaio 2022.
La consultazione, articolata in tre fasi - precisa una nota - è stata gestita da Sogin "nella massima trasparenza e completezza informativa" e vi hanno partecipato centinaia di soggetti direttamente interessati. Proprio sulla base degli esiti della consultazione, la società di Stato incaricata della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi ha elaborato il documento, al momento secretato.
Circa 600 le domande poste, centinaia le proposte presentate, migliaia i documenti, gli atti, gli studi e le relazioni cartografiche prodotti, per un totale di 25000 pagine: il tutto per stabilire le aree più adatte e mettere in piedi un cantiere dal valore di quasi un miliardo di euro. Tuttavia, tale processo condiviso non è stato sufficiente a minimizzare la percezione del rischio per le sei Regioni coinvolte: Toscana, Piemonte, Lazio, Basilicata, Sicilia, Sardegna.
Not in my backyard
Nonostante l’individuazione delle aree idonee, le regioni hanno rifiutato il piano della Sogin. In linea con la sindrome Nimby (Not in my backyard), nessuno desidera accettare la gestione di quasi 80 mila metri cubi di rifiuti radioattivi di bassa intensità, ai quali si aggiungeranno più di 15 mila metri cubi di rifiuti ad alta intensità radioattiva.
Il pericolo percepito riguarda, in particolare, la contaminazione sui terreni agricoli e destinati agli allevamenti. In assenza di un accordo, ora la palla torna al Ministero della Transizione Ecologica che, acquisito il parere tecnico dell’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (ISIN), dovrebbe approvare con proprio decreto la Carta, di concerto con il ministero delle Infrastrutture.
In seguito all’approvazione del MiTe, la mappa verrà pubblicata sui siti internet di Sogin, dei due ministeri e dell’ISIN (Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione). Da quel momento in poi sarà avviata la fase di concertazione, con l’obiettivo di raccogliere le manifestazioni di interesse, non vincolanti, a proseguire il percorso partecipato da parte delle Regioni e degli Enti locali, nei cui territori si trovano le aree idonee.
Not in my backyard
Per la costruzione e l’esercizio di questi nuovi siti, nel dicembre del 2021 la Commissione d’inchiesta sulle Ecomafie ha manifestato numerose perplessità, legate anche ai tempi di realizzazione, che si stimano in circa cinquanta anni.
Secondo il Presidente Stefano Vignaroli, “Ogni anno in media si pagano nella bolletta elettrica 300 milioni di euro per finanziare le dismissioni e per gestire i rifiuti radioattivi, compresi quelli a bassa radioattività derivanti dalle attività mediche e di ricerca. Nel 2036 arriveremo ad aver speso complessivamente circa 8 miliardi di euro”. A tale onere, si aggiunge il fatto che lo spazio per lo stoccaggio si restringe progressivamente.
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