Raccolta rifiuti, Tari a macchia di leopardo: l’approccio disincentivante made in Italy
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Raccolta rifiuti, Tari a macchia di leopardo: l’approccio disincentivante made in Italy

Cala la produzione dei rifiuti, ma aumentano i costi sulle spalle dei cittadini: un paradosso tutto italiano denunciato dall'associazione Cgia di Mestre e che potrebbe avere fine l'anno prossimo con l'ancoraggio delle tariffe ai fabbisogni standard.

Dal 2007 ad oggi in Italia sono stati fatti ottimi passi avanti dal punto di vista della produzione di rifiuti: otto anni fa la produzione totale di rifiuti pro capite era di 557 kg di rifiuti, mentre la più recente rilevazione, del 2013, ha registrato un calo a 491 kg pro capite. La naturale conseguenza è una diminuzione dei costi relativi alla gestione e allo smaltimento dei rifiuti per ogni cittadino. Se questa notizia positiva è passata inosservata, è perché, come denuncia l'Associazione Artigiani e Piccole Imprese Cgia Mestre, in tutta Italia le cifre si sono tutt'altro che ridotte: al contrario, la Tari è in aumento.

Tra il 2010 e il 2015 una famiglia con 4 componenti che vive in un casa da 120 metri quadri ha subito un aumento del prelievo relativo all'asporto rifiuti del 25,5% (+75 euro). Per una famiglia di 3 componenti residente in un appartamento da 100 mq, l'aumento è stato del 23,5% (+57 euro): nel 2015 dovrà quindi versare quasi 300 euro. Un nucleo di 3 persone che risiede in un'abitazione da 80 mq, infine, ha dovuto pagare il 18,2% in più, pari a +35 euro; di conseguenza l'importo complessivo per i rifiuti sarà pari a poco più di 227 euro.

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I rincari non risparmiano nessuno, né privati né aziende, pur distribuendosi a macchia di leopardo sul territorio nazionale. Una indagine di Federconsumatori, infatti, ha rilevato profonde discrepanze nei costi dei servizi in differenti città. Nel 2014 la spesa media nazionale è stata pari a 284 euro, con picchi di 532 euro a Cagliari, 502 a Siracusa e 496 a Reggio Emilia. Più fortunati i cittadini cremonesi, con una spesa annua di 136 euro, mentre a Udine il costo del 2014 è stato di 161 euro. Seguono Brescia e Belluno, con 175 euro. Tristemente, una spesa elevata non è garanzia di eccellenza nei servizi: lo dimostra il fatto che la Tari più alta per le imprese nel settore delle imprese e del turismo è quella pagata a Napoli, con una spesa di 5.567,89 che supera dell'84% la tariffa milanese.

Secondo la Cgia Mestre, la responsabilità va ricercata direttamente nelle aziende che si occupano della gestione dei rifiuti, come spiega in una nota ufficiale Paolo Zabeo, portavoce dell'associazione: "Queste aziende, di fatto, operano in condizioni di monopolio, con dei costi spesso fuori mercato che famiglie e imprese, nonostante la produzione dei rifiuti sia diminuita e la qualità del servizio offerto non sia migliorata, sono chiamate a coprire con importi che in molti casi sono del tutto ingiustificati. Proprio per evitare che il costo delle inefficienze gestionali vengano scaricate sui cittadini, la legge di Stabilità del 2014 ha ancorato, dal 2016, la determinazione delle tariffe ai fabbisogni standard. Grazie all'applicazione di questa nuova modalità, è probabile che dall'anno prossimo la tassa sui rifiuti diminuisca".

C'è speranza, dunque, che nel prossimo futuro si inverta la rotta. Per il momento, mentre nel resto d'Europa prende sempre più piede la raccolta differenziata incentivante, pare che agli italiani tocchi un sistema del tutto disincentivante, dal quale è molto improbabile ottenere buoni risultati a lungo termine.

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