Sostenibilità, aziende italiane a caccia di professionisti ma l’offerta latita
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Sostenibilità, aziende italiane a caccia di professionisti ma l’offerta latita

Immagine: Meghan Lamle, Unsplash

Urge colmare il gap tra le competenze ESG richieste dal mercato e quelle effettivamente disponibili. Lo mette in luce il rapporto “Alte competenze per un futuro sostenibile” realizzato dell’Osservatorio di 4.Manager.

Le politiche ESG sono sempre più centrali nel piani di sviluppo delle imprese e la ricerca di professionisti per metterle in atto è destinata, dunque, ad aumentare. Tra il 2023 e il 2026, il mercato del lavoro avrà bisogno tra imprese private e pubblica amministrazione di circa 4 milioni di lavoratori con competenze green di alto e medio profilo. Già oggi la richiesta di manager dotati di competenze con sempre più precise skill legate alla sostenibilità ambientale e qualificati in materia di criteri ESG aumenta del 5% ogni anno.

 

Competenze green cercasi, i dati

Su LinkedIn, ad esempio, nell’ultimo anno la domanda di alcune qualifiche professionali dell’area sostenibilità sono in deciso aumento, a partire dal ruolo di Responsabile sostenibilità (+52%) e poi da quelli di Sustainability Specialist (+43%) e di Consulente sostenibilità (+34%). Così come alcune figure legate alla finanza, in particolare nell’ambito del capitale di rischio e del private equity. Nonostante questa forte richiesta del mercato, legata al fatto che circa più della metà delle medie e grandi imprese sta elaborando una strategia di trasformazione sostenibile, queste figure professionali ancora scarseggiano. E’ quanto emerge dal rapporto “Alte competenze per un futuro sostenibile” realizzato dall’Osservatorio di 4.Manager, il progetto di Confindustria e Federmanager nato nel 2017.

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Secondo l’indagine, che ha coinvolto un panel rappresentativo di oltre 4.000 imprese manifatturiere con più di 50 addetti, uno dei maggiori ostacoli alla conversione sostenibile è proprio la scarsità di competenze, subito dopo il contesto normativo e burocratico.

La rilevazione effettuata dall’Osservatorio evidenzia una percezione molto simile tra grandi e medie imprese e piccole imprese per quanto riguarda gli ostacoli alla trasformazione sostenibile. Gli elementi individuati sono il contesto normativo e burocratico (38%), la ridotta profittabilità della sostenibilità (33%), le risorse finanziarie (28%), le competenze manageriali interne (18%) e quelle necessarie per cambiare il modello di business (18%).

 

Innovazione e sostenibilità, un binomio indissolubile

Il report di 4.Manager evidenzia inoltre come sostenibilità e innovazione siano strettamente legate tra loro e debbano dunque correre di pari passo. L’11% delle imprese che si qualifica come altamente innovativa mostra infatti un impegno al 100% sia in ambito di sostenibilità ambientale sia sociale, mentre tra quelle moderatamente innovative (il 36% del campione) il 53% ha elaborato un piano sulla sostenibilità ambientale e il 38% anche su quella sociale. Tra le aziende scarsamente innovative (il 53% del campione), il 51% ha iniziato ad operare nell’ambito della sostenibilità ambientale e il 36% sul fronte della responsabilità sociale.

Tuttavia, la consapevolezza che solo la trasformazione sostenibile eviterà limiti operativi di accesso ai mercati e al credito è diffusa tra la maggior parte delle imprese, incluse quelle scarsamente orientate all’innovazione. Inoltre, il 70% delle aziende italiane dichiara di avere ben chiare le competenze necessarie in ambito di sostenibilità ambientale, percentuale che sale al 78% per la transizione energetica e scende al 66% per la sostenibilità sociale.

Le skill ritenute essenziali dalle imprese per il processo di trasformazione sostenibile sono la tecnologia e l’innovazione produttiva di processo e di prodotto (il 49,3% del campione), l’energy management (45,5%), le competenze sulla legislazione di riferimento (41%), l’economia circolare (34,3%), la gestione delle persone dell’azienda (32,8%) e infine gli aspetti finanziari (31,3%).

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