Rimozione di rifiuti abbandonati e responsabilità della pubblica amministrazione: un obbligo di diligenza rafforzato
Ambiente

Rimozione di rifiuti abbandonati e responsabilità della pubblica amministrazione: un obbligo di diligenza rafforzato

in collaborazione con logo ASLA

Prosegue la rubrica in collaborazione con ASLA, Associazione degli Studi Legali Associati, presieduta dall’Avvocato Giovanni Lega, Fondatore e Managing Partner di LCA Studio Legale. La rubrica avrà ad oggetto il commento delle più importanti sentenze in materia ambientale da parte di alcuni Studi Associati aderenti ad ASLA.

Il contributo di oggi è stato fornito dall'Avvocato Elena Felici, di LCA Studio Legale.

Con la sentenza 15 dicembre 2020, n. 08054, Il Consiglio di Stato prende posizione su una fattispecie più volte esaminata dai giudici amministrativi: la responsabilità del proprietario per l’illecito abbandono o sversamento di rifiuti da parte di terzi sul proprio terreno, e i limiti di imputabilità della stessa. La decisione è interessante perché, in questo caso, essendo il proprietario un ente pubblico, il Consiglio di Stato ha ritenuto che il grado di diligenza richiesto ai fini di escludere la colpa non possa essere commisurato alla diligenza media del buon padre di famiglia, ma sia necessario un livello superiore.

Il Consiglio di Stato, nel rigettare l’appello promosso dall’Ente Autonomo Volturno Srl -società a partecipazione pubblica titolare della disponibilità di alcune stazioni della ferrovia Circumvesuviana nel Comune di Marigliano e della gestione del servizio di trasporto pubblico - che sosteneva l’illegittimità dell’ordinanza di rimozione e smaltimento di rifiuti abbandonati presso tali stazioni, sembra porsi pienamente nel solco dell’orientamento giurisprudenziale consolidato in materia.

La giurisprudenza amministrativa ha infatti più volte chiarito che la responsabilità e quindi la condanna del proprietario di un terreno agli adempimenti previsti dall’art. 192 del D.Lgs. 152/2006, in nessun caso può essere fondata sul mero dato della disponibilità del suolo su cui l’illecito si è realizzato. Responsabilità e conseguente condanna necessitano di un accertamento serio ed in contraddittorio dell’elemento soggettivo e del nesso causale, escludendosi che possa trattarsi di un caso di responsabilità oggettiva (cfr. tra le altre Cons. Stato, Sez. II. n. 6326/2020; Cons. Stato, Sez. V, n. 4781/2018; Cons. Stato, Sez. IV, n. 3430/2018).

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Proprio al fine di escludere la configurabilità di una responsabilità “da posizione”, i giudici amministrativi, come afferma la sentenza in commento, hanno via via “svolto un’opera di perimetrazione della diligenza richiesta” . E quindi, mentre da una parte è stata esclusa la sussistenza di generici obblighi di impedire l’evento, quali ad esempio generici obblighi di recinzione o di rimuovere sversamenti di terzi, dall’altra, in tema di elemento soggettivo, si è precisato che il requisito della colpa ben può consistere nell’omissione “delle cautele e degli accorgimenti che l’ordinaria diligenza suggerisce ai fini di un’efficace custodia e protezione dell’area” per impedire, o quantomeno limitare, l’illecito sversamento o abbandono di rifiuti da parte di terzi (cfr. Cons. Stato, Sez. II, 20 ottobre 2020, n 6326; Cons. Stato, Sez. V, 28 maggio 2019, n. 3518), sulla base di un principio di ragionevole esigibilità del comportamento e proporzione dell’onere che si ritiene gravante sul soggetto non responsabile dell’abbandono o dello sversamento. Fin qui nulla di nuovo, verrebbe da dire.

In questo caso, però, la pronuncia si spinge oltre e, condividendo la decisione del giudice di primo grado, individua nella natura pubblica del soggetto titolare del bene il discrimine che consente in tali casi di richiedere un grado di diligenza superiore a quella che si richiederebbe a un soggetto privato nella medesima situazione, ritenendo esigibili e non sproporzionate tutte le iniziative necessarie a impedire o quanto meno a limitare gli eventi contestati (per esempio, la mancata tempestiva adozione di misure preventive adeguate come la predisposizione di sistemi di videosorveglianza, recinzioni e vigilanza). Ad avviso del Consiglio di Stato, quando si tratta di un ente pubblico, istituzionalmente preposto alla gestione di un bene pubblico, non è sufficiente aver genericamente preso misure per evitare il verificarsi dell’evento, né aver adottato le misure richieste dalla diligenza media del buon padre di famiglia (quali, come nel caso di specie, l’invio di segnalazioni o note), in quanto le stesse devono essere commisurate al ruolo di garanzia e di tutela che un ente pubblico deve avere nei confronti di beni e diritti la cui rilevanza è presidiata a livello costituzionale quali l’ambiente.

Dovere di garanzia che in questo caso consiste specificamente nell’impedire a terzi di abbandonare rifiuti sul terreno di cui l’ente ha la disponibilità, e che trova fondamento nel principio informatore dell’azione ambientale di cui all’art. 3-ter del D.Lgs. 152/2006, così come nel dettato di cui all’art. 2 della Costituzione di cui tale principio costituisce esplicazione. Insomma, un monito affinché, a partire dalla pubblica amministrazione, si prenda coscienza che quello che si è fatto sinora non è più sufficiente e che la tutela dell’ambiente e degli ecosistemi naturali deve essere garantita da tutti mediante azioni adeguate, informate ai principi di precauzione, prevenzione e correzione: un impegno, sociale e ambientale, a ripensare ruoli, interventi e azioni nel campo della responsabilità ambientale, dove la pubblica amministrazione occupi veramente una posizione di primo piano.

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