Più di 150 milioni di persone a rischio umanitario nel 2030
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Più di 150 milioni di persone a rischio umanitario nel 2030

I risultati del We World Index 2021 non sono incoraggianti: ancora troppe le disuguaglianze, e pochi gli interventi per evitare l’inasprirsi dell’emergenza climatica

La 7° edizione di WeWorld Index, la classifica sul livello di inclusione di donne, bambine e bambini in 172 Paesi promossa da WeWorld, organizzazione italiana che da 50 anni difende i diritti di donne e bambini in molte zone del mondo, è stata presentata durante un evento online e, quest’anno, si focalizza sugli effetti post-pandemia. La situazione delineata dal report non è affatto rosea, dal momento che i progressi fatti negli ultimi anni per raggiungere gli Obiettivi dell’Agenda 2030 hanno subito un brusco arresto con la pandemia di Covid-19.

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Il report analizza la situazione di donne e bambini in relazione a 34 indicatori ambientali, sociali, educativi, economici e sanitari; i dati principali raccontano che, anche nel 2021, si conferma un trend negativo iniziato l’anno precedente, facendo presagire un nuovo decennio di povertà e disuguaglianze. A subire maggiormente le conseguenze della pandemia sono le categorie sociali che già prima di essa vivevano in condizioni di marginalizzazione e discriminazione: secondo il report, entro il 2030 150 milioni di persone saranno a rischio umanitario a causa dei cambiamenti climatici, 435 milioni di ragazze e donne si troveranno sotto la soglia di povertà e il lavoro minorile potrebbe aumentare di 8,9 milioni di casi già entro la fine del 2022. Più della metà di questi casi potrebbe riguardare bambini tra i 5 e gli 11 anni, per via della crisi occupazionale e della chiusura delle scuole, due fattori che hanno costretto le famiglie a basso reddito a ricorrere al lavoro minorile.

Il report 2021 contiene anche approfondimenti su Brasile e Mozambico, scelti come Paesi rappresentativi degli effetti della pandemia: in Brasile, le strategie di governo, che non hanno tenuto conto delle esigenze delle fasce deboli della popolazione, hanno fatto precipitare il paese al novantaduesimo posto. In Mozambico l’inclusione di donne, bambine e bambini ha registrato netti miglioramenti, ma la pandemia e il ciclone Idai hanno nel complesso rallentato il progresso del Paese. “Brasile e Mozambico sono un ottimo esempio di come, se non si lavora contemporaneamente su tutti i fronti, i progressi possono perdersi velocemente”, dichiara Marco Chiesara, Presidente di WeWorld. "Se non lavoriamo in modo olistico, un solo evento critico - come il passaggio di un ciclone - è sufficiente perché gli sforzi fatti vengano vanificati e si torni indietro su tutti i diritti, dall’istruzione alla sanità. Se non agiamo globalmente con politiche e interventi che facciano crescere anche i Paesi più fragili, il processo per l’acquisizione, godimento dei diritti e accesso ai servizi non potrà essere che parziale e temporaneo, escludendo i Paesi più poveri. Ma affinché il cambiamento sia reale gli interventi devono mettere al centro un approccio di genere e generazionale in modo che la crescita non sia ad appannaggio solo di chi gode già di maggiori risorse”.

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