Mal’aria 2018: continuiamo a respirare veleno
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Mal’aria 2018: continuiamo a respirare veleno

Il rapporto di Legambiente sulla qualità dell’aria delle nostre città nasceva dieci anni fa. Chiamato Mal’aria, per ragioni più razionali che pessimistiche, sembra continuamente ripetersi uguale a sé stesso.

Nel primo dossier Mal'aria si leggeva: “Anche nel 2007 l’allarme polveri sottili è scattato, puntuale, in gran parte delle principali città italiane che non sono riuscite a rispettare i limiti imposti dalla legge: su 63 capoluoghi monitorati 50 hanno superato il valore limite medio giornaliero”.

L’allarme riguarda tutto il Vecchio Continente, così, durante lo stesso 2008, dopo ben due anni di lavori, viene varata la Direttiva 2008/50/CE: da questo momento, i Paesi membri hanno obiettivi comuni ed una deadline: il 2015.

Nel 2009 la situazione rimane invariata e Mal’aria recita il solito mantra: “Le polveri sottili insidiano gravemente la salute dei cittadini. 57 città su 88 monitorate superano il limite previsto dalla legge. Nel gennaio 2009 è stata avviata una procedura di infrazione da parte della Commissione Europea nei confronti dell’Italia per l’elevato livello di polveri sottili e per l’insufficienza dei piani di risanamento dell’aria delle Regioni e la mancanza del piano di risanamento nazionale del ministero dell’Ambiente. Il nostro Paese dovrà rientrare nei limiti di qualità entro il 2011.

 

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Arrivati a questo punto abbiamo due traguardi: uno relativo soprattutto alle polveri sottili, da raggiungere entro il 2015 ed un altro, per non incorrere in sanzioni, da raggiungere entro il 2011. Tempo ce ne sarebbe, mezzi e volontà decisamente meno. Infatti, il report successivo non migliora.

Il Legislatore corre ai ripari avviando il processo di revisione della rete di monitoraggio ma “molte regioni si trovano decisamente indietro”.

Il 2011 passa senza sanzioni: la UE rileva solo che “non è stato dimostrato che le misure messe in campo permetteranno di rientrare comunque nei limiti entro il termine della deroga (giugno 2011)”. Come ricompensa, nel 2012 molte città rispettano i limiti per l’ozono ma i valori per il biossido di azoto e PM10 vengono costantemente superati.

Il 2013 è “L’anno Europeo dell’Aria”: Legambiente registra tutti i valori fuori controllo.

Gli anni passano e la situazione non cambia (e se accade, è in peggio): il 2015, anno del famoso ultimatum dell’Unione, passa in sordina mentre il dossier rileva “ben 48 città italiane fuorilegge con il livello di Pm10 alle stelle”.

Il biennio 16/17 conferma il trend negativo e, se non ci fossero gli anni a cambiare, si potrebbe fare copia-incolla di ogni report.

A febbraio 2017, dopo 9 anni passati invano a chiederci di rispettare parametri ed obiettivi, ci vengono concessi due mesi di proroga: poi, insieme ad altri Paesi, verremo sanzionati. Invece niente. Con qualche multa in più forse avremmo imparato qualcosa ma la UE preferisce aspettare gennaio di quest’anno per convocare il Ministro Galletti a Bruxelles perché “potrebbe scattare l’infrazione”.

Passano altri mesi e Mal’aria non ha buone nuove: “Aria sempre più irrespirabile: 39 le città italiane fuorilegge con livelli di Pm10 alle stelle. Situazione critica in Pianura Padana e in generale nelle città del nord”.

I commissari UE potrebbero arrivare a un verdetto che slitterà comunque a fine mese, non facendo così parte delle (eventuali) sanzioni di marzo. E così, tra multe che non arrivano e soluzioni che latitano, anche per colpa della nostra poca voglia di migliorare, abbiamo ancora un’unica certezza: continuiamo a respirare veleno.

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