Lotta ai rifiuti plastici in mare: esempi di upcycling
Ambiente

Lotta ai rifiuti plastici in mare: esempi di upcycling

Oceani e fauna marina letteralmente soffocati dalla plastica. SeaGlasses e FlipFlopi sono due progetti che, a partire dal recupero di rifiuti plastici, hanno realizzato oggetti allo scopo di accendere i riflettori su questa urgente problematica ambientale.

Che le acque degli oceani siano letteralmente invase dai rifiuti è ormai sotto gli occhi di tutti. Così come la biodiversità che le abita: foto di balene, tartarughe o uccelli marini con gli stomaci straripanti di materiali plastici fanno sempre più frequentemente il giro dei social, creando (ci si auspica) coscienza attorno al tema.

Delle migliaia di tonnellate di plastica che arrivano ogni giorno fino al mare, l'80% è costituito da polietilene ad alta e bassa densità e da polipropilene: buste in plastica, bicchieri, bottiglie e involucri vari. E' stato calcolato che, entro il 2050, il peso delle plastiche presenti nei mari sarà superiore a quello dei pesci.  Per ovviare in parte al problema, lo scorso 27 marzo 2019 il Parlamento europeo ha votato a favore di nuove regole per arginare il problema dei prodotti di plastica monouso e degli attrezzi di pesca perduti in mare.

Non mancano inoltre iniziative che, da più parti nel mondo, intendono utilizzare i rifiuti plastici come nuova risorsa per creare oggetti. Il fine primario? Accendere i riflettori sul tema dell'inquinamento dei mari.

Il progetto SeaGlasses, ad esempio, si dedica alla creazione di “occhiali da mare” a partire da  reti e attrezzi da pesca persi o abbandonati e da rifiuti plastici recuperati in acqua. L'intenzione è di trasformare gli scarti in occhiali da sole water-proof con lenti polarizzate, realizzati con la tecnologia della stampante 3D.

L'iniziativa è stata ideata dal giornalista, attivista e sportivo Leonardo D'Imporzano, fondatore dell'associazione di tutela ambientale 5 Terre Accademy. Il progetto è condiviso con la società spezzina Superfici Start up e con Damiani Ottica a Ceparana (SP).

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FlipFlopi, invece, è una barca. Un dhow (tradizionale imbarcazione dell’Africa orientale a vela araba triangolare) lungo nove metri e costruito a partire da plastica riciclata. La  missione per cui è nata? Veleggiare nell’oceano tra il Kenya e Zanzibar - una rotta da cinquecento chilometri della durata di due settimane - per sensibilizzare l'opinione pubblica attorno all'urgenza dell'inquinamento marino.

Artefici del progetto sono un gruppo di volontari ambientalisti che, per 3 anni, ha raccolto sulle strade di Nairobi, Mombasa, Malindi e sulle spiagge di Lamu bottiglie di pet e ciabattine infradito. Un'operazione che ha dato i suoi frutti, quantificabili in un totale di 10 tonnellate di rifiuti. Da questo bottino di “risorse”, il gruppo di lavoro è partito, insieme al team leader del progetto Dipesh Pabari e altri volontari del luogo, a creare il dhow multicolore secondo le tecniche tradizionali di costruzione dell'isola di Lamu.

Poi, il viaggio: a fine gennaio il veliero ha completato la sua prima spedizione, raccogliendo in due settimane di navigazione circa 5 tonnellate di plastica. E non è che l'inizio di un progetto in crescita: le prossime spedizioni porteranno la FlipFlopi via via più a sud, per giungere infine in Sudafrica, a Città del Capo. A quel punto, l’imbarcazione avrà portato a termine un viaggio di cinquemila chilometri, con la speranza di aver contribuito concretamente alla causa ambientale e aver contagiato gli animi con la loro #plasticrevolution.

SeaGlasses e FlipFlopi altro non sono che esempi, scelti in rappresentanza delle numerose iniziative che, nel mondo, traducono in fatti la volontà di urlare alla politica e alle coscienze la necessità di mettere la salvaguardia ambientale veramente al centro dell'agenda internazionale. In un momento storico in cui sembra che nulla sia sufficiente a fare la differenza, la denuncia e l'esempio concreto restano strumenti fondamentali e potenti che, soprattutto a fronte della posta in gioco, vale la pena promuovere.

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