L’Italia perde attrattività per chi vuole investire in rinnovabili
Energia

L’Italia perde attrattività per chi vuole investire in rinnovabili

A renderlo noto la società di consulenza EY. Servono semplificazione, finanziamenti e attenzione al mercato di sbocco delle energie.

La transizione energetica è una sfida cruciale per il futuro dell’Italia, tuttavia alcuni segnali non sono incoraggianti per il nostro Paese. Il complicato rapporto tra rinnovabili e burocrazia, ad esempio, con tempi troppo lunghi per l’ottenimento dei permessi, frena l’entusiasmo di molte aziende interessate a realizzare impianti alimentati da energie rinnovabili. Altro segnale negativo è quello arrivato lo sorso giugno con gli esiti della classifica mondiale che ordina 40 paesi in base al grado di attrattività degli investimenti e delle opportunità nell’ambito delle rinnovabili. Stiamo parlando del RECAI (Renewable Energy Country Attractiveness Index), lo speciale indice annuale firmato EY, che, quest’anno, vede l’Italia scendere dal tredicesimo al quindicesimo posto.

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Un dato, questo, già anticipato dalla partecipazione alle aste registrata dall’Agenzia Statale per l’Energia: nell'ottava asta il GSE metterà a disposizione la capacità non aggiudicata nelle precedenti aste, la quale ammonta a ben 3300 MW. Un chiaro segno che qualcosa non sta funzionando al meglio. "Le energie rinnovabili giocano un ruolo strategico, in quanto contribuiscono all'indipendenza energetica del Paese”: con queste parole Giacomo Chiavari, Europe West Strategy and Transaction Energy Leader per EY, conferma l’importanza di questo settore per il futuro del Paese, ben consapevole, però, del fatto che occorrano tempi lunghi per centrare appieno gli obiettivi energetici. Chiavari sottolinea la necessità di importanti investimenti in grado di risolvere alcune difficoltà del settore, tipicamente italiane. Una è, come anticipato in precedenza, quella che riguarda la tortuosità degli iter di approvazione dei progetti che, per essere superata, necessita di importanti semplificazioni, sia in fase di installazione, sia in fase di operations.

Un problema, questo, già denunciato da Legambiente nel Rapporto "Scacco matto alle fonti rinnovabili", pubblicato alla fine del 2021, nel quale si legge che, proprio a causa della burocrazia, ottenere l’autorizzazione per realizzare un impianto eolico o fotovoltaico in Italia può richiedere fino a 5 anni (invece dei 6 mesi che sarebbero previsti dalla Legge). Anche l’accesso ai finanziamenti e il mercato di sbocco dell’energia sono importanti nodi da sciogliere. Tuttavia, Chiavari conclude con una nota di ottimismo affermando: “Su questi temi l'Italia è già pronta a supportare questa nuova ondata agli investimenti: si osserva una crescente liquidità nel mercato dei PPA e un forte interesse da parte di investitori ed enti finanziatori". Sul campo della burocrazia si gioca insomma una parte importante del futuro del Paese.

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