COP27: nuovi fondi per i Paesi più colpiti ma gli impegni sul clima restano gli stessi
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COP27: nuovi fondi per i Paesi più colpiti ma gli impegni sul clima restano gli stessi

Da Sharm rassicurazioni finanziarie a chi subisce i danni del cambiamento climatico, ma pochi Paesi rivedono le proprie politiche di sviluppo in chiave sostenibile.  

Si è conclusa il 18 novembre la COP27, conferenza delle Nazioni Unite sul clima, tenutasi in Egitto alla presenza di delegati da oltre 190 Paesi. Al termine di tre giorni di negoziazioni, l’accordo raggiunto conferma in larga parte gli obiettivi dell’accordo di Parigi, includendo nuove misure finanziarie per il supporto ai Paesi maggiormente colpiti dal cambiamento climatico, ma senza grandi scostamenti rispetto ai vertici precedenti per quel che riguarda le politiche di mitigazione del danno ambientale da inquinamento.

Fondo per le Perdite e i Danni, raggiunto l'accordo

Il maggior risultato del vertice di Sharm è stato un accordo storico per la creazione di un nuovissimo Fondo per le Perdite e i Danni (Loss and Damage Fund), che consente di fornire risarcimenti finanziari ai Paesi più duramente colpiti dalla crisi climatica. La svolta giunge dopo che, da oltre 30 anni, le nazioni maggiormente vulnerabili, ovvero quelle che soffrono in modo sproporzionato di eventi meteorologici estremi, nonostante il loro ruolo limitato nel rilascio di emissioni di gas serra, chiedono aiuti e compensazioni alla comunità internazionale. Gli Stati partecipanti hanno quindi deciso di stabilire nuove modalità di finanziamento per assistere i Paesi in via di sviluppo maggiormente afflitti (o che rischiano di essere maggiormente afflitti) dagli effetti negativi dei cambiamenti climatici. Per determinare il nuovo uso dei fondi, l’ampliamento delle fonti di finanziamento disponibili e i metodi di calcolo delle compensazioni, sarà istituito un comitato di transizione.

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Mitigazione del cambiamento climatico, serve un'accelerazione

Per quanto riguarda la mitigazione del cambiamento climatico, gli Stati partecipanti hanno concordato che limitare il riscaldamento globale a 1,5°C richiede riduzioni rapide, profonde e sostenute delle emissioni globali di gas serra, quantificabili in una diminuzione del 43% entro il 2030 (rispetto al livello del 2019, usato come metro di paragone). Hanno inoltre riconosciuto la necessità di un'azione accelerata durante questo decennio, definito “critico”, e hanno ribadito l'invito del Patto per il clima di Glasgow ad aggiornare i contributi determinati  a livello nazionale (NDC), se necessario, per allinearli entro la fine del 2023 all'obiettivo di temperatura dell'Accordo di Parigi (ovvero contenendo l’aumento delle temperature tra “meno di 2°C ed 1,5°C rispetto ai livelli medi preindustriali”) . Hanno inoltre affermato che il Patto per il clima di Glasgow guiderà un nuovo “programma di lavoro sulla mitigazione” per incoraggiare i Paesi firmatari ad allineare i loro obiettivi e le loro politiche verso il raggiungimento dello zero netto nelle emissioni.

Contributi e reazioni dei Paesi Europei

La decisione finale è stata considerata poco incisiva dai rappresentanti dei Paesi Europei, che chiedevano misure più efficaci, e l’accordo, secondo l’UE, non ha raggiunto la portata auspicata, limitandosi ad arginare e non a interrompere il fenomeno del cambiamento climatico. "Abbiamo trattato alcuni sintomi, ma non abbiamo guarito il paziente dalla febbre", ha dichiarato la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen

L' Italia, in accordo con le direttive negoziali scelte insieme agli stati membri dell’Unione Europea, è arrivata alla COP27 sostenendo un percorso di revisione “al rialzo” dei contributi a livello nazionale per i Paesi maggiormente inquinanti, nonché di implementazione più serrata di politiche di transizione energetica nei Paesi meno propensi ad abbandonare le fonti fossili. 

Inoltre, visto lo status dell’Unione Europea di maggior contribuente ai fondi di sostegno per i Paesi in via di sviluppo decisi dall’accordo di Parigi e da quello di Glasgow,  i 27 membri UE avevano inizialmente dichiarato di opporsi alla creazione di un fondo separato per le perdite e i danni, nonostante l’obiettivo di finanziare con 100 miliardi annui ai Paesi in via di sviluppo sia ancora lontano

Gli Stati europei hanno poi abbandonato la loro posizione sul Fondo Perdite e Danni, chiedendo in cambio un impegno più concreto da parte di alcuni Paesi a ridurre le proprie emissioni. In tal senso, il fatto che la maggioranza degli impegni sottoscritti ricalchi in sostanza le posizioni già approvate nel 2021 a Glasgow, segna una sconfitta dell’approccio “migliorativo” alle proposte sul clima, nonostante negli scorsi mesi un rapporto delle Nazioni Unite confermasse l’impossibilità, ai livelli attuali, di non superare la temperatura-obiettivo di 1,5°C, oltre la quale si rischia un punto di non ritorno. 

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