Cina: il successo della coltura microbica contro la desertificazione
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Cina: il successo della coltura microbica contro la desertificazione

Gli scienziati della Chinese Academy of Sciences hanno testato un tappeto artificiale per contrastare l’espansione del deserto del Tengger. I risultati sono accolti positivamente dal programma ecologico di Pechino, sino a oggi costretto al ricollocamento dei rifugiati ambientali vittime della desertificazione.

Un quinto della Cina è composto da dune e sabbia, i deserti sono all’apice della loro espansione. Quello del Tengger si trova in una regione ecologicamente fragile, non distante da Pechino, dove l’ecosistema non è resiliente alle alterazioni esterne. Complici cambiamento climatico e attività umana, sta crescendo di 3400 km2 l’anno e si è già fuso con i circostanti Badain Jaran e Ulan Buh, diventando inospitale. Nel frattempo, i rifugiati ambientali sono centinaia di migliaia e le costose attività di ricollocamento del governo non sempre vengono accettate di buon grado.

Nel Tengger le popolazioni locali vivono di allevamento intensivo e turismo. Le greggi sfruttano i pochi pascoli contribuendo alla desertificazione; le oasi diventano una tappa esotica per gli esborsi dei turisti occidentali: mangiare nelle tende tradizionali, noleggiare cammelli, affittare guide per domare il deserto. Ma tutte le oasi si stanno prosciugando, e gli abitanti sono restii ad accettare il sussidio di 1400€ annui a persona per abbandonare l’unica attività redditizia e spostarsi in città. Inoltre, il ricollocamento non è la soluzione, perché un ulteriore ampliamento dei centri urbani non farebbe che impattare con l’espansione dei deserti.

Incentivati i locali ad abbandonare le pratiche di allevamento, i governi locali tentano quindi di rendere virtuose quelle agricole con l’obiettivo di fermare l’avanzata del deserto combattendola sul campo. 580€ annui a chi decide di rimanere, a patto che si impegni nella protezione ecologica delle praterie piantando filari di alberi e adoperandosi in piccole coltivazioni di mais o frumento. Ma il livello freatico è ormai difficile da raggiungere. Bisogna scavare fino a cinque metri sotto terra per trovare acqua. Il suolo è sempre più arido e necessità e dipendenza da fertilizzanti crescono.

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La Chinese Academy of Sciences ha portato avanti degli studi per trovare una soluzione. Un gruppo di scienziati, guidato dal ricercatore Li Xinrong, ha realizzato una struttura a scacchiera nell’area desertica di Shapotou, nel Tengger, costruendo delle caselle da un metro quadrato composte da paglia di riso e grano. L’idea non è nuova, un processo simile viene ciclicamente tentato sin dagli anni Sessanta. Ma il gruppo di ricerca è andato oltre: ha creato uno strato di “tappeto artificiale” – così viene definito dagli addetti il risultato del processo tecnologico – polverizzando un agente microbico coltivato in laboratorio. Un composto di alghe e muffe che formano una scorza sulla scacchiera e la rendono più adatta a bloccare l’avanzamento della sabbia.

“Sono necessari 5 anni affinché la scorza microbica prenda forma sulla scacchiera – continua lo stesso Li Xinrong“ma gli esperimenti realizzati hanno avuto successo e dimostrano come la tecnologia del ‘tappeto artificiale’ sia solida ed efficace per fissare le dune”. I due test sperimentali sono stati effettuati nel deserto del Tengger e il team di Li amplierà ora il raggio d’azione del progetto includendo anche le regioni desertiche circostanti.

L’evoluzione scientifica va a inserirsi in un più ampio programma di lotta alla desertificazione portato avanti dal governo cinese. Nel distretto amministrativo di Minqin, nel 2015, è stata avviata un’iniziativa ecologica che coinvolge i contadini locali al fine di piantare, entro il 2020, una foresta larga 500 km e lunga 1000 km. Le tempistiche non saranno celeri, ma il rimboschimento è iniziato e la lotta contro la desertificazione è entrata di diritto nell’agenda di Pechino.

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