Ambiente e diritti umani: un binomio irriducibile
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Ambiente e diritti umani: un binomio irriducibile

Se si vuole fornire adeguata tutela all’ambiente nella sua accezione più ampia è necessario analizzare il binomio cambiamenti climatici e diritti umani.

La relazione binario che intercorre tra i due temi è da diverso tempo al centro delle attenzioni non solo dei decisori politici ma anche degli operatori del diritto, di coloro che devono interpretare le norme, darne la giusta attuazione e fare in modo che siano rispettate.

L’intervento del Giudice Tim Eicke della CEDU sul rapporto tra ambiente e diritti umani

Tim Eicke, Giudice presso la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) per conto del Regno Unito, il 2 marzo scorso ha infatti tenuto una lectio magistralis intitolata “Diritti umani e cambiamenti climatici: qual è il ruolo della Convenzione europea dei diritti dell’uomo?” presso il Dipartimento di Giurisprudenza della Goldsmiths University di Londra. Durante il suo intervento il Giudice ha sottolineato come, sebbene la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali non preveda esplicitamente il diritto ad un ambiente sano, la CEDU abbia emesso circa 300 sentenze il cui oggetto era l’ambiente.

A tal proposito si precisa che l’ambiente rientra, seppur non implicitamente, nell’articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. L’art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali dispone che: “Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.” Numerose sono state le sentenze emesse dalla CEDU in cui l’ambiente è considerato parte integrante del diritto al domicilio, alla vita privata e familiare.

Tra queste si rinviene la necessità di menzionare la sentenza Cordella e altri c. Italia del 24 gennaio 2019 con cui 180 cittadini di Taranto hanno denunciato i gravi danni derivanti dall’esposizione alle sostanze inquinanti prodotte dall’Ilva. La CEDU ha dunque condannato l’Italia per violazione dell’articolo 8 (Diritto al rispetto della vita privata e familiare) e articolo 13 per non aver adottato le misure necessarie a tutela della salute dei cittadini.

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La risoluzione del Parlamento europeo del 19 maggio: cambiamenti climatici sui diritti umani e il ruolo dei difensori dell’ambiente

Il 19 maggio scorso il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sugli effetti dei cambiamenti climatici sui diritti umani e il ruolo dei difensori dell’ambiente. In particolare, l’Europarlamento ha sottolineato non solo come il degrado ambientale possa comportare violazioni di diritti umani sostanziali, quali il diritto alla vita e il divieto di trattamenti inumani e degradanti, ma anche come l’intensificarsi di politiche commerciali poco rispettose dell’ambiente abbia determinato la commissione di reati nei confronti di particolari categorie di soggetti quali i difensori ambientali. A tal proposito nel documento gli eurodeputati denunciano come nella relazione di Global Witness del 2020 emerge che nel 2019 sono stati uccisi circa 212 attivisti ambientali.

Le richieste del Parlamento europeo

Molteplici sono le richieste avanzate dal Parlamento alla Commissione europea nel documento approvato lo scorso 19 maggio. Della risoluzione dell’Europarlamento si ritiene di estrema importanza sottolineare due aspetti in particolare:

  • la denuncia fatta in merito ai rischi di violazione dei diritti umani presenti nelle catene internazionali di approvvigionamento dei prodotti di base, anche in relazione alle tecnologie verdi, quali il lavoro minorile nelle miniere di cobalto per fornire la catena delle batterie agli ioni di litio;
  • la necessità di avviare una cooperazione attiva con la Corte penale internazionale al fine di riconoscere “l’ecocidio” come reato internazionale.

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