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Il DL 156/2025 stanzia fondi per infrastrutture, scuola e salute. Ma a far discutere è il contributo economico a favore del settore privato ucraino: una scelta strategica che apre interrogativi sul bilancio tra solidarietà internazionale e bisogni interni
Il disegno di legge per la conversione del Decreto Legge 29 ottobre 2025, n. 156, attualmente all’esame della Camera dei Deputati, prevede interventi urgenti in diversi settori della vita pubblica italiana: si spazia dalle infrastrutture ferroviarie alla riqualificazione edilizia scolastica, dalla sanità pubblica all’emergenza idrica. Tuttavia, tra le numerose misure contenute nel provvedimento, emerge un elemento di forte rilevanza politica e simbolica: lo stanziamento di 40 milioni di euro destinati al finanziamento del programma ERA (Economic Resilience Action) per la ricostruzione e lo sviluppo del settore privato in Ucraina, in collaborazione con l’International Finance Corporation, istituzione del gruppo Banca Mondiale. L’intervento si inserisce in una cornice più ampia di supporto italiano alla ripresa economica del Paese colpito dalla guerra, che negli ultimi due anni ha visto l’Italia attiva non solo sul piano umanitario e militare, ma anche su quello della cooperazione allo sviluppo. L’articolo 24 del decreto stabilisce che tali risorse siano erogate a valere sul Fondo per le iniziative strategiche di cooperazione allo sviluppo, contribuendo alla capitalizzazione dell’IFC per la promozione di investimenti sostenibili in Ucraina. Una misura che, se da un lato rafforza la posizione internazionale dell’Italia come partner solidale e attore nella ricostruzione post-bellica, dall’altro solleva interrogativi sulla coerenza e sull’equilibrio della spesa pubblica. Mentre nel Paese si discute di contenimento della spesa corrente, tagli alla sanità e difficoltà degli enti locali nel far fronte alla transizione ecologica e digitale, la decisione di destinare fondi pubblici a favore di uno scenario estero, per quanto strategico e umanitario, interpella il dibattito politico e civile. Il testo del decreto, nel suo complesso, mostra una visione integrata di politica economica e cooperazione internazionale, ma pone al centro della discussione una domanda chiave per il futuro del nostro Paese: come coniugare le esigenze interne, urgenti e spesso sottodimensionate, con l’impegno etico e geopolitico verso contesti di crisi globali? Una sfida che chiama in causa non solo la sostenibilità economica, ma anche quella sociale e istituzionale dell’Italia.
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