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Dal 18 novembre alla Camera, il provvedimento introduce misure per accelerare la transizione digitale, snellire la burocrazia ambientale e incentivare l’agricoltura innovativa.
Il decreto-legge n. 150 del 18 ottobre 2025, all’esame della Camera dei Deputati come disegno di legge AC 2655, punta a semplificare in modo strutturale il rapporto tra cittadini, imprese e pubblica amministrazione, con un focus particolare su digitalizzazione, ambiente e innovazione agricola. La discussione parlamentare si apre in un momento cruciale per il Paese, dove la capacità di attuare riforme sistemiche si intreccia con gli obiettivi del PNRR e le sfide della transizione ecologica. Il provvedimento si articola in cinque Capi, con una serie di disposizioni che intervengono su settori strategici come la rigenerazione urbana, l’autorizzazione degli impianti FER (Fonti di Energia Rinnovabile), la gestione del rischio idrogeologico, la digitalizzazione della PA e l’agricoltura di precisione. In filigrana, emerge una visione che cerca di coniugare semplificazione normativa e sostenibilità sistemica.
Uno dei primi fronti di intervento riguarda la rigenerazione urbana. Il decreto introduce norme che facilitano l’approvazione dei programmi di rigenerazione in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, pur mantenendo le necessarie salvaguardie paesaggistiche e ambientali. L’intento è quello di ridurre i tempi decisionali e favorire il riuso del patrimonio edilizio esistente, in linea con i principi dell’economia circolare applicata al contesto urbano. Viene valorizzato il ruolo degli enti locali, chiamati a pianificare interventi integrati capaci di coniugare sostenibilità ambientale, coesione sociale e vivibilità degli spazi.
Il Capo III del decreto è tra i più rilevanti per il settore ambientale. Si interviene con decisione sul processo autorizzativo per gli impianti FER, snellendo le tempistiche, ridefinendo i procedimenti per il rilascio del VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) e rafforzando il ruolo del procedimento unico ambientale. Uno dei punti più discussi sarà probabilmente l’articolo 23, che introduce una “procedura semplificata” per la VIA su alcuni impianti, anche attraverso il silenzio-assenso in caso di mancata risposta entro i termini. Questo genera un equilibrio delicato: velocizzare non può significare abbassare la soglia di tutela ambientale. Si tratta di un banco di prova per le amministrazioni e per la maturità della governance territoriale.
Un altro nucleo forte del decreto è rappresentato dalla digitalizzazione dei servizi pubblici. Viene ampliato l’utilizzo della Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND), mentre si punta a rendere l’identità digitale (SPID e CIE) lo strumento unico per l’accesso ai servizi. Per le imprese, il passaggio alla digitalizzazione dei procedimenti amministrativi significa potenzialmente risparmi significativi in termini di tempo e costi. Il decreto prevede anche la possibilità di automatizzare alcune fasi dei procedimenti, con implicazioni rilevanti per i settori edilizio, energetico e ambientale.
Nel Capo IV si trovano misure specifiche per l’agricoltura, in particolare per quella di precisione. Il testo mira a semplificare l’accesso ai finanziamenti e agli strumenti agevolativi per le imprese agricole che adottano tecnologie innovative. Si prevede, ad esempio, la possibilità di avviare sperimentazioni con droni, sensori e sistemi di monitoraggio intelligente anche in aree vincolate, a condizione che non impattino negativamente sull’ambiente o sul paesaggio. Una misura attesa da tempo da parte degli operatori del settore, che spesso si scontrano con ostacoli normativi poco coerenti con l’innovazione.
Al di là degli articoli tecnici, il decreto-legge 150/2025 è rilevante per ciò che rappresenta: una potenziale svolta nella costruzione di un’amministrazione più snella e capace di supportare le trasformazioni green e digitali. Tuttavia, resta forte il rischio che la semplificazione degeneri in deregolamentazione, soprattutto se non accompagnata da un rafforzamento delle capacità degli enti pubblici e da un’adeguata vigilanza sulle ricadute ambientali. La conversione in legge rappresenta quindi un passaggio fondamentale: sarà il Parlamento a stabilire l’equilibrio tra esigenza di efficienza e salvaguardia del bene comune, che sia esso paesaggio, ambiente, salute o territorio.
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