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Dai confini delle Prealpi un segnale forte contro il traffico illegale di avifauna: i Carabinieri Forestali intensificano la lotta per la biodiversità con il sequestro di armi, trappole e farmaci dopanti.
Anche quest’autunno, lungo le rotte silenziose delle migrazioni tra le Prealpi lombardo-venete, la libertà di migliaia di piccoli uccelli migratori ha rischiato di spezzarsi sotto il peso di archetti, reti e richiami acustici illegali. Ma l’Operazione “Pettirosso 2025”, condotta dal Comando Unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari dell’Arma dei Carabinieri, ha ancora una volta restituito dignità alla legalità e alla natura. Coordinata dal Reparto Operativo SOARDA del Raggruppamento Carabinieri CITES, e realizzata in sinergia con i Gruppi Forestali di Brescia, Bergamo, Mantova, Padova, Venezia, Verona e Vicenza, l’operazione ha visto il coinvolgimento di unità cinofile e reparti territoriali dell’Arma, con il supporto fondamentale delle associazioni ambientaliste CASB, LIPU, Legambiente e WWF. Un’alleanza tra istituzioni e società civile che ha permesso di smascherare una rete di bracconaggio radicata e spietata, capace di trarre profitto dalla sofferenza animale.
I numeri parlano da soli: 135 persone denunciate, oltre 2.460 uccelli sequestrati (tra esemplari vivi e morti), 1.110 dispositivi di caccia illegali recuperati, 135 armi da fuoco e oltre 13.000 munizioni ritirate. Tra i materiali più inquietanti, anche 20 kit per la contraffazione degli anelli identificativi — un elemento chiave per mascherare la cattura in natura — e 73 confezioni di farmaci dopanti utilizzati per alterare il canto degli uccelli. Proprio il doping animale rappresenta una delle derive più aberranti di questo traffico: sostanze a base di testosterone, somministrate senza alcun piano terapeutico, vengono impiegate per rendere gli esemplari “richiamo” più performanti. Ma a quale costo? Danni neurologici, alterazioni comportamentali e persino la morte, in un chiaro caso di maltrattamento animale che va ben oltre la sola violazione venatoria.
Tuttavia, grazie al pronto intervento dei Carabinieri Forestali, circa 930 uccelli sono stati salvati e, se in buone condizioni, restituiti immediatamente alla libertà. Gli esemplari feriti sono stati affidati alle cure dei centri di recupero “Il Pettirosso” e “Oasi WWF Valpredina”, con l’auspicio di un ritorno alla natura. Dietro questa attività, apparentemente circoscritta, si cela un business illecito spesso sottovalutato: molti degli uccelli uccisi illegalmente finiscono nei circuiti della ristorazione o vengono venduti vivi, senza le necessarie garanzie, per l’uso come richiami. La mancanza o la manipolazione degli anelli identificativi ne è la prova. Un sistema che, oltre a violare le norme nazionali ed europee, mina il patrimonio comune della biodiversità, già messo sotto pressione dalla crisi climatica e dalla perdita di habitat.
Operazioni come “Pettirosso” non sono solo un contrasto al reato, ma un presidio culturale. Raccontano di un’Italia che non accetta più la violenza gratuita contro gli animali, di un impegno che unisce forze dell’ordine, associazioni ambientaliste e cittadini volontari per difendere un bene prezioso e silenzioso: il canto libero degli uccelli. La lotta al bracconaggio, in questo contesto, non è solo tutela ambientale ma anche un’espressione concreta di legalità, civiltà e responsabilità verso le generazioni future. I Carabinieri Forestali, con operazioni come questa, dimostrano che la biodiversità non è solo un concetto astratto, ma una frontiera reale da proteggere ogni giorno, sul campo.
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