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Un’indagine di ReportAziende.it evidenzia l’impatto dei nuovi dazi americani sull’economia italiana: colpite le filiere strategiche e oltre 18.000 posti di lavoro a rischio, con Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte in prima linea.
Il nuovo accordo commerciale tra Stati Uniti e Unione Europea, firmato il 27 luglio 2025, fissa i dazi al 15%, scongiurando l’ipotesi di tariffe più elevate. Ma l’intesa, seppur mitigata, rischia comunque di tradursi in un duro colpo per l’economia italiana. Secondo l’analisi condotta da ReportAziende.it, piattaforma di business intelligence specializzata nell’analisi del rischio d’impresa, le nuove tariffe mettono in pericolo un volume di export superiore ai 42 miliardi di euro, con perdite annuali stimate oltre i 6,3 miliardi.
L’impatto si concentra soprattutto nelle regioni del Nord Italia, dove l’orientamento all’export è strutturale e diffuso. Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte sono le aree più vulnerabili: territori ad alta densità industriale, in cui l’aumento dei costi doganali potrebbe compromettere l’equilibrio di filiere consolidate. Si stima che tra i 15.000 e i 18.000 posti di lavoro siano a rischio, coinvolgendo non solo l’occupazione diretta, ma anche quella dell’indotto.
La fotografia scattata da ReportAziende.it, che ha recentemente lanciato il primo rating analitico italiano sulla crisi d’impresa, restituisce uno scenario articolato: tra i comparti più esposti figura la farmaceutica branded, che con i suoi 12 miliardi di euro di export verso gli USA rischia una contrazione fino a 1,8 miliardi. A seguire, la meccanica industriale, l’automotive, la moda di alta gamma, il vino certificato e l’elettronica medicale, settori trainanti per l’economia nazionale, che potrebbero subire riduzioni dai 300 ai 900 milioni di euro ciascuno.
L’accordo siglato con Washington, pur evitando uno shock tariffario più ampio (originariamente si ipotizzavano dazi al 30%, che avrebbero potuto generare oltre 145.000 esuberi), non offre garanzie di tenuta al tessuto produttivo. Le imprese italiane saranno costrette a rivedere le proprie strategie, intervenendo su prezzi, strutture operative e investimenti in innovazione. Un compito reso ancora più complesso dalla limitata capacità di assorbire costi aggiuntivi, soprattutto per le realtà che operano in settori ad alta intensità di manodopera. Come evidenziato dal team analisi di ReportAziende.it, oggi più che mai è fondamentale una risposta tempestiva e strutturata. Servono strumenti pubblici e privati in grado di sostenere le imprese in questa fase di transizione, trasformando una crisi potenziale in un’opportunità di rilancio. In gioco non c’è solo la competitività internazionale, ma anche la stabilità occupazionale e la tenuta del sistema produttivo italiano.
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