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Un percorso partecipativo, aree idonee per le fonti rinnovabili e tecnologie d’accumulo per centrare gli obiettivi climatici ed economici entro il 2050.
La Regione Umbria ha avviato una svolta significativa approvando un disegno di legge che segna una nuova stagione per la transizione energetica locale. Obiettivi ambiziosi – zero emissioni nette e piena autonomia energetica entro il 2050 – accompagnati da principi fondanti: sostenibilità ambientale ed economica, giustizia sociale e climatica. Alla base del testo, frutto di quasi 100 incontri e sei plenarie con amministratori, associazioni, tecnici, imprese e cittadini, c’è l’idea che il territorio debba essere protagonista, non vittima, della rivoluzione energetica. Come spiega l’assessore Thomas De Luca: “fare impianti nelle aree idonee sarà semplice, veloce ed a rischio zero… presentare progetti nelle aree non idonee sarà un rischio altissimo”.
Il cuore della legge è la zonizzazione delle aree: si individuano spazi “idonei” – zone antropizzate, coperture, aree dismesse e infrastrutture – dove il processo autorizzativo è semplificato e rapido, mentre aree di pregio paesaggistico o culturale sono tutelate da fasce di rispetto fino a 7 km. Ulteriori correttivi derivano dalle osservazioni raccolte presso due terzi dei 92 Comuni umbri, recepite per rafforzare il testo. Il provvedimento dà impulso a un modello energetico locale, decentralizzato ed equo, fondato sulle Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) e sull’autoconsumo collettivo. Ogni area destinata a CER è considerata idonea, incentivando progetti vicini al luogo di consumo e contrastando la povertà energetica. Il mix energetico proposto comprende solare, eolico, idroelettrico, geotermico, e una strategia evoluta di accumulo: batterie, pompaggio, accumulo gravitazionale e idrogeno verde. In particolare, nel territorio della Conca ternana e a Narni si punta allo sviluppo di una Hydrogen Valley. Non mancano vincoli stringenti per l’agrivoltaico: nei terreni agricoli ogni impianto superiore a 1,5 ha potrà coprire al massimo il 3% della superficie comunale e, nelle aree non idonee, il limite sale al 5%.
Il monitoraggio è garantito: ogni anno la Regione verificherà al 31 marzo la potenza installata e autorizzata, intervenendo se necessario. I proponenti dovranno inoltre garantire misure finanziarie per lo smantellamento degli impianti e compensazioni ambientali e territoriali, coinvolgendo Comune e CER. In un momento di vuoto normativo, dovuto all’assenza di aggiornamenti sul decreto attuativo e ai ritardi del Governo, la legge regionale rappresenta un passo determinante per sbloccare l’impasse che paralizza investimenti sostenibili ed energia di comunità: dalle centinaia di progetti industriali in aree non idonee, ai progetti virtuosi bloccati da una “moratoria fantasma”. L’iter legislativo punta a una conclusione rapida in Assemblea regionale, auspicabilmente entro l’estate, in linea con la priorità ambientale del Piano nazionale integrato energia e clima (PNIEC) e le direttive UE del Green Deal: riduzione del 55% delle emissioni entro il 2030 e neutralità climatica al 2050.
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