La rendicontazione ESG nell’era della CSRD: più dati, meno accessibilità?
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La rendicontazione ESG nell’era della CSRD: più dati, meno accessibilità?

Un recente studio fotografa l'evoluzione dei report di sostenibilità in Italia dopo l'entrata in vigore della nuova direttiva europea. Crescono le parole e le pagine, ma la chiarezza ne risente.

Con l'entrata in vigore della Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), il panorama della rendicontazione ESG in Italia sta vivendo una trasformazione profonda. A testimoniarlo è una recente ricerca condotta da Massimiliano Mattei e Veronica Caccialanza dell'Università di Bologna per LS Lexjus Sinacta, che ha analizzato un campione rappresentativo di bilanci di sostenibilità pre e post-CSRD.

Il dato più evidente? Un'impennata quantitativa: i report hanno registrato un aumento medio del 68% nel numero di parole, passando da circa 17.000 a oltre 29.000, e un incremento del 47% nel numero di pagine. Ma a questa crescita non corrisponde sempre un miglioramento qualitativo, soprattutto in termini di leggibilità e accessibilità delle informazioni.

Lo studio evidenzia infatti come lo stile dei report si sia fatto più tecnico e risk-based, con un uso crescente di tabelle, indicatori e linguaggio normativo. La componente narrativa e visuale – fondamentale per coinvolgere stakeholder non specialistici – appare invece in contrazione. Si registra una riduzione significativa delle immagini e delle infografiche, elementi che tradizionalmente facilitavano la fruizione e la comprensione dei contenuti.

Questa evoluzione, per certi versi fisiologica vista la natura della CSRD, solleva tuttavia una questione centrale: come conciliare l'esigenza di rigore e completezza imposta dagli standard europei con la necessità di una comunicazione efficace e inclusiva? In particolare, le PMI appaiono tra i soggetti più in difficoltà, spesso prive delle risorse tecniche e organizzative per adeguarsi ai nuovi requisiti senza sacrificare trasparenza e chiarezza.

Secondo gli autori dello studio, la sfida è culturale prima ancora che normativa. Occorre sviluppare una nuova alfabetizzazione della sostenibilità, che coinvolga sia chi redige i report sia chi li legge: dalle aziende ai consulenti, dagli investitori ai cittadini. Un linguaggio comprensibile, strutture narrative accessibili e l'uso intelligente del visual storytelling non devono essere visti come orpelli, ma come strumenti chiave per trasformare la rendicontazione ESG in un vero strumento di dialogo e accountability.

In attesa che l'Unione Europea perfezioni gli standard applicativi della CSRD, magari con un occhio di riguardo per le realtà più piccole, è cruciale non perdere di vista l'obiettivo originario della direttiva: rendere la sostenibilità un tema leggibile, misurabile e condiviso. Perché un buon report di sostenibilità non è solo un obbligo di legge, ma un atto di trasparenza verso il futuro.

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