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Nel cuore dell’Appennino tosco-emiliano, la natura si fa alleata del mercato. Un’iniziativa concreta, nata da una scommessa e diventata strumento virtuoso per imprese, territori e clima.
C’è un nuovo modello economico che prende forma tra i boschi dell’Appennino, e parla la lingua della sostenibilità. A due anni dal suo lancio, il progetto dei “crediti di sostenibilità” promosso dal Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano ha coinvolto 35 realtà tra aziende, cooperative, associazioni e imprese sociali, che hanno deciso di compensare le proprie emissioni inquinanti acquistando quote di natura. In cambio, il parco ha offerto un servizio tanto concreto quanto innovativo: garantire che i boschi della regione, certificati da enti terzi internazionali, siano gestiti in modo sostenibile, incrementando la loro capacità di assorbire CO₂ e fornire servizi ecosistemici. A Sassuolo, durante il convegno “Foreste e Futuro”, l’impegno di queste imprese è stato celebrato come esempio di cittadinanza ambientale. Non si tratta solo di buone intenzioni: i 35.000 crediti già generati equivalgono ad altrettante tonnellate di CO₂ assorbita, e 23 realtà sono state premiate con un attestato di responsabilità ambientale. Il successo dell’iniziativa ha portato alla prospettiva concreta di estendere il progetto entro ottobre a nuove otto aree forestali, portando a 33.000 gli ettari coinvolti.
Ma i benefici non riguardano solo le imprese. Il progetto rappresenta un nuovo orizzonte economico per i proprietari dei boschi: in cambio di una gestione virtuosa delle foreste, ricevono parte dei proventi derivanti dalla vendita dei crediti, trasformando quello che un tempo era un onere – mantenere un bosco – in una risorsa produttiva. Ogni credito rappresenta un valore reale: una tonnellata di CO₂ assorbita in più rispetto alla gestione standard, frutto di una cura del territorio che previene il dissesto idrogeologico, migliora la biodiversità e rafforza la resilienza climatica.
Tutto questo è possibile grazie a un importante superamento normativo. L’iniziativa ha saputo “dialogare” con i limiti della legge forestale n. 3267 del 30 dicembre 1923, che per oltre un secolo ha rappresentato il riferimento per la tutela dei boschi in Italia. Nata in un contesto storico e sociale molto diverso da quello attuale, la legge del ’23 pose un freno all’abuso delle risorse forestali in un’epoca di forte deforestazione. Oggi, però, si fa strada un approccio che non si limita a conservare, ma che integra la gestione sostenibile come strumento di valorizzazione attiva del capitale naturale. In questo senso, il progetto del Parco Appennino è un esempio di governance innovativa che aggiorna lo spirito della norma storica alle sfide contemporanee.
Il presidente del Parco, Fausto Giovannelli, parla di “un fatto concreto, in corso, che ha già prodotto esiti dal punto di vista naturalistico e della responsabilità sociale”. E forse il contributo più importante di questa iniziativa è proprio questo: i boschi, da fondale silenzioso del paesaggio, diventano protagonisti di una nuova economia locale. Un’economia che genera valore ambientale, sociale e reputazionale. In un’epoca in cui la sostenibilità non è più solo un’opzione ma una condizione imprescindibile per restare competitivi, progetti come questo dimostrano che un altro modello è possibile. Ed è un modello che conviene: alle aziende, al territorio, e al pianeta.
Foto generata con AI
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