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Il Tribunale di Vicenza riconosce per la prima volta in Italia il nesso tra esposizione lavorativa ai PFAS e una patologia oncologica. Un precedente che apre nuovi scenari sul fronte della giustizia ambientale e della tutela dei lavoratori.
Il 13 maggio 2025 il Tribunale di Vicenza ha emesso una sentenza destinata a segnare una svolta nella lunga e complessa vicenda dell’inquinamento da PFAS in Veneto. Per la prima volta in Italia, è stato riconosciuto il legame tra l’esposizione professionale a sostanze perfluoroalchiliche e la morte di un lavoratore, aprendo un precedente giuridico che potrebbe incidere profondamente su futuri contenziosi in ambito ambientale e sanitario.
La causa riguarda Pasqualino Zenere, ex dipendente dello stabilimento Miteni di Trissino, scomparso nel 2014 a seguito di un carcinoma uroteliale. Dopo anni di attesa, la famiglia ha ottenuto il riconoscimento del nesso causale tra la malattia e l’attività lavorativa svolta all’interno dell’impianto chimico. Secondo quanto accertato nel corso del procedimento, Zenere fu esposto per oltre due decenni a PFOA, PFOS e altri composti chimici altamente persistenti, in condizioni operative che non garantivano un’adeguata protezione individuale né un monitoraggio sanitario costante. Il giudice ha stabilito che tale esposizione ha rappresentato una concausa significativa nello sviluppo della patologia oncologica che ha portato al decesso del lavoratore.
La sentenza, oltre a imporre all’INAIL il riconoscimento della malattia professionale e la conseguente erogazione della rendita ai familiari, assume un valore che travalica il singolo caso. È infatti la prima volta che una decisione della magistratura civile italiana attribuisce un peso determinante alla contaminazione da PFAS in ambito lavorativo, ponendo le basi per un possibile riconoscimento sistemico dei danni provocati da queste sostanze nei luoghi di produzione e trasformazione.
Nel contesto dell’emergenza ambientale veneta, che ha interessato oltre 300.000 cittadini in un’area compresa tra le province di Vicenza, Verona e Padova, questa decisione si inserisce in un quadro più ampio di accertamenti giudiziari e richieste di giustizia. Appena un anno prima, il TAR del Veneto aveva confermato la responsabilità ambientale della multinazionale Mitsubishi e del gruppo International Chemical Investors, obbligandoli a farsi carico delle operazioni di bonifica nel sito contaminato di Trissino. Ora, con la sentenza del Tribunale civile, anche il fronte sanitario ottiene un primo importante riconoscimento.
La vicenda di Pasqualino Zenere riporta al centro dell’attenzione pubblica e istituzionale la questione della responsabilità sociale d’impresa e della tutela dei lavoratori nei settori ad alto impatto chimico. È un monito per le aziende, ma anche un invito alla vigilanza per le autorità competenti, affinché episodi simili non si ripetano. Allo stesso tempo, rappresenta un passo avanti significativo nella costruzione di una cultura della sostenibilità che non si limiti alla gestione del rischio ambientale, ma includa pienamente il diritto alla salute e alla sicurezza sul lavoro.
In un momento storico in cui i criteri ESG stanno ridefinendo le strategie industriali e gli standard normativi a livello europeo, la giustizia riconosce la voce di chi ha pagato il prezzo più alto dell’inquinamento. E lo fa in nome di un principio tanto semplice quanto essenziale: nessuna transizione ecologica può dirsi compiuta se non tutela prima di tutto le persone.
Immagine creata con AI
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